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sabato 20 ottobre 2018


Una proposta per lo sviluppo economico Italiano from Giorgio Gatti

Lettera inviata con allegata la presentazione il 17 giugno 2018 

Alla gentilissima att., 

Del Presidente del Consiglio dei Ministri Prof. Giuseppe Conte, 

Del Vice Presidente del Consiglio dei Ministri e Ministro dello Sviluppo economico, del Lavoro e delle Politiche sociali On. Luigi di Maio, 

Del Vice Presidente del Consiglio dei Ministri e Ministro degli Interni On. Matteo Salvini, 

Del Ministro/a della Salute Dott. Giulia Grillo, 

Del Ministro/a della Difesa On. Elisabetta Trenta, 

Del Ministro della Giustizia On. Alfonso Bonafede, 

Del Ministro dell' Economia Prof, Giovanni Tria, 

Del Sottosegretario alla Giustizia On. Vittorio Ferraresi, 

Della Dott.ssa Patrizia De Rose 



e per conoscenza 

Alla Direttrice dell'ufficio centrale sugli stupefacenti Dott.ssa Germana Apuzzo 

e alla Dott.ssa Giulia Mele 



Illustrissimi rappresentanti dei cittadini Italiani, in seguito al G7 del Canada e della finalmente riacquisita credibilità Italiana nel panorama internazionale, vorrei sottoporre alla Vostra attenzione alcune misure di politica interna, economica e di cooperazione allo sviluppo, oltre che in linea alle posizioni espresse in tema di immigrazione. 

Quattro misure volte al rilancio dell' Italia per almeno i prossimi 10 anni, che solo le forze politiche che puntano al rilancio a lungo termine dell' Italia possono permettersi di perseguire; perchè hanno la possibilità e capacità di trasmettere positivamente il cambiamento sociale che l' Italia dovrà affrontare nel futuro. 

Il mercato del lavoro negli ultimi dieci anni è cambiato drammaticamente e la grande sfida della politica è creare non solo nuovo lavoro, ma soprattutto "nuovi lavori". 

In allegato una breve presentazione che "illustra" quattro aree su cui agire contemporaneamente, affinchè le stesse politiche possano, in sinergia tra loro, avere un effetto moltiplicativo sulla crescita sociale, prima che economica, dell'Italia.

giovedì 23 marzo 2017

Coltivare cannabis per rilanciare lo sviluppo economico italiano

Il 2015 è stato l' anno di Expo a Milano. E' stato presentato un interessante progetto di sviluppo dell'agricoltura sostenibile, ad impatto 0, utilizzando risorse rinnovabili, evitando lo sfruttamento del suolo: Skyland.

Pensavano di costruirlo a Milano per Expo, così come era stata costruita la Torre Eiffel per l' esposizione universale a Parigi del 1889. Ragioni economiche hanno, ovviamente, evitato la costruzione di un'opera ingegnieristica che potrebbe rilanciare l'economia italiana. Perchè? Perchè la costruzione di grattacieli di 30 piani e la vendita di questi "innovativi" impianti, genererebbe un indotto del quale potrebbe avvantaggiarsi tutta l'economia italiana.


Aimè l'economia oggi va male e sognare che l'Italia possa tornare economicamente la potenza che è stata durante gli anni 50 sembrerebbe un sogno. 


Se non fosse che proprio la coltivazione della cannabis potrebbe permettere la realizzazione a costo zero di Skyland e lanciare una nuova politica industriale basata sul lancio di una impiantistica agroindustriale per paesi in via di sviluppo. Vendere tecnologia in cambio di quello che è più utile per la nostra nazione.


Ma come sarebbe possibile tutto questo? 


Skyland prevede la realizzazione di un'area coltivabile di 100.000 mq. La destinazione di 33.000 mq a coltivazione di cannabis medica potrebbe generare circa 400 milioni di euro l'anno e ricavi stimabili attorno ai 300 milioni annui. Con questi numeri la costruzione di un grattacielo "verde" non solo risulta economicamente sostenibile, ma i ritorni dall'investimento nell'infrastruttura sarebbe certi e veloci. Resterebbero altri 67.000 mq per la coltivazione a km zero di vegetali, la realizzazione di spazi per la vendita al dettagli a km zero di prodotti biologici senza l'uso di pesticidi (dati dalla coltivazione indoor) dal produttore al consumatore con risparmi notevoli per quest'ultimo che eviterebbe la GDO. I raccolti sarebbero certi e non sottomessi alle bizze del tempo garantendo prezzi stabili per i consumatori.


L'indotto generato da un piano industriale nazionale finalizzato al lancio di questa nuova tecnologia potrebbe dare respiro e nuova linfa a settori che vanno dalla edilizia (per la realizzazione della struttura), all'elettronica, all'idraulica, all'energetica, solo per citarne alcuni.


Ma oggi tutto è fermo. La politica sta frenando lo sviluppo italiano. La cannabis è coltivabile solo sulla carta, tramite una autorizzazione ministeriale che, se chiesta, non verrà mai concessa. 


Una minoranza ottusa impedisce il rilancio italiano, credendo ancora che parlare di cannabis significhi parlare di "droga" e pensando ancora che questo gli porterà voti.


E' un peccato che l'italia non abbia la possibilità di realizzare una politica industriale nazionale e che, ancora oggi, parlare di cannabis si riduca ad una "allucinazione" proibizionista.



mercoledì 7 dicembre 2016

Piuttosto che legalizzare la cannabis ... fanno saltare il Governo

Ok. E' caduto il governo. Perchè? Perchè non vogliono legalizzare la cannabis.

Guardiamo i dati. La povertà alla quale questa classe politica ci ha portato, è frutto del loro arricchimento. Che si è fondato, tra le tante balle, che la cannabis non va legalizzata.

Ormai neppure più tutti i berlusconiani sono contro la legalizzazione. E' facile trovare in giornali di destra, titoli a favore della cannabis, sostenuti da idee economiche come quella portata da alcuni premi nobel dell'economia. Esistono ancora dei sostenitori del libero mercato e della libertà individuale. Insomma, non sono tutti fascisti a destra.



Ma torniamo alle dimissioni del premier. Questo governo, che da circa due anni ha incarico la richiesta di autorizzazione alla coltivazione alla cannabis, non si è ancora espresso.
Da un punto di vista economico quanto può avere danneggiato l' Italia?
Ebbene, circa il 20% del pil



Dopo «un quindicennio perduto», il Paese «soffre oggi di una debolezza superiore all’atteso» sottolineano da Viale dell’Astronomia ricordando come il contesto «resta molto difficile» con «tutti gli indicatori qualitativi al ribasso».

Ancora il sole24ore

Confindustria: Italia ferma 15 anni, altri crescono

«Non riusciamo a schiodarci dalla malattia della bassa crescita di cui soffriamo dall’inizio degli anni Duemila» avverte il capo economista di Confindustria, Luca Paolazzi. I dati Csc mostrano come «prima, durante e dopo la Grande Recessione (in Italia più intensa e più lunga) si è accumulato un distacco molto ampio» con altri Paesi Ue. Tra 2000 e 2015, ricorda Confindustria, il Pil è aumentato in Spagna del 23,5%, Francia +18,5%, Germania +18,2%. In Italia è «calato dello 0,5%» e con le dinamiche in corso i gap aumentano oggi «ancor più rapidamente».


Dall'Istat: I NUOVI CONTI NAZIONALI IN SEC 2010  Innovazioni e ricostruzione delle serie storiche (1995-2013),  “Le modifiche connesse al superamento delle riserve europee sull’implementazione del Sec 95 hanno contribuito alla revisione per 0,8 punti percentuali. Di queste, la modifica con il maggior impatto (1,0 punti percentuali) riguarda l’inclusione di alcune attività illegali tra l’economia non osservata.”
Scendendo nel dettagli di questa valutazione economica emergono alcuni dati interessanti elaborati dall’ufficio Statistico.
- “l’inclusione delle importazioni illegali di droga e tabacco di contrabbando ha inciso per 0,2 punti sulla revisione complessiva”
- “La spesa per consumi finali delle famiglie ha subito una revisione al rialzo del 4%, spiegata per 1,6 punti percentuali dalle riserve (quasi interamente connessa all’inclusione dell’economia illegale”

Avete mai sentito Renzi parlare di "riserve da parte dell'europa?"
Di 13 miliardi di flessibilità?Indovinate un pò di che flessibilità parla quando fa riferimento a quei numeri?Al mercato della cannabis!

Sempre nella nota informativa: "La componente più rilevante tra le tre attività illegali ora misurate dai conti nazionali riguarda la commercializzazione di droga, la quale, in termini di valore aggiunto, è valutata nel 2011 in 10,5 miliardi di euro.
....
Il valore aggiunto derivante da attività illegali è il risultato di una produzione valutabile in circa 16 miliardi a fronte della quale si stima un ammontare di costi intermedi pari a 1,7 miliardi; questi ultimi generano, a loro volta, un valore aggiunto di 1,2 miliardi connesso alla produzione di beni e servizi legali indotta da attività illegali (Prospetto 4). Pertanto, la stima delle attività illegali, comprensiva dell’indotto, comporta un’integrazione di valore aggiunto nei conti pari a 15,5 miliardi di euro, con un’incidenza sul nuovo livello del Pil pari, nel 2011 allo 0,9%. "


(Prospetto 4)
Se si confrontano i dati di confindustria, con le stime pil dell'Istat con le conseguenze delle scelte politiche sul tema cannabis, emerge un dato "drogato". Eh si. I dati italiani non sono attendibili. La politica italiana ha nascosto all'Europa, un business ,da 13 miliardi di euro l'anno, che avrebbe potuto portare l'italia a crescere al passo di Spagna, Germania e battere con orgoglio i cugini francesi.

L' uno per cento del pil che il mercato della cannabis ha sottratto ai dati ufficiali è allarmante e andrebbe messo in regola. Come? legalizzando la cannabis e dichiarando il mercato aperto e libero all'impresa.

Questa è una battaglia per lo sviluppo economico e la lotta alla povertà.

Istat, un residente su quattro in Italia è a rischio povertà o esclusione sociale: al Sud quasi il 50%

L' incidenza di 1,7 punti percentuali annui, per 15 anni, avrebbe reso l'italia più ricca, semplicemente facendo una somma aritmetica, di 25.5 punti percentuali di incidenza. Divenendo la locomotirice d'europa.

Ma la cannabis non è mai stata legale. E dunque oggi siamo poveri e (in)felici.

Ma queste argomentazioni potrebbero essere troppo tecniche. Perciò l' economia, per rendersi più accessibile, ha spiegato il pil come il reddito dello stato e, semplificando, la crescita del pil come la crescita del reddito del cittadino. Significa che 25.5 punti di pil persi, è il 25% perso nella crescita del  reddito medio di un cittadino italiano. L' italiano è in media più povero. ora si può dire per causa della repressione di un mercato illegale.

L' Italia con la cannabis legale? Lo stato più potente d'europa.



sabato 12 marzo 2016

Un parere sul giudizio della Corte

Ammetto di non essere molto ferrato su problemi di costituzionalità, essendo l'economia e le sue implicazioni il mio campo. Ma ricordo quanto espresso nel 2008  dalla Cassazione, che, tra i motivi di un rigetto nei confronti della coltivazione illegale, puntava sul fatto che si puniva le coltivazioni illegali, e si affermava, a mio parere implicitamente, di intraprendere la via legale per provare a "smontare" l'impianto proibizionista.

Perchè coltivare cannabis è illegale in Italia .... se privi di autorizzazione ministeriale! Perciò se volete coltivare ... chiedete l'autorizzazione ... In Messico, questa strada è stata percorsa e ha portato la giustizia ad imporre al governo di concedere l'autorizzazione.

Per questo motivo, pur sostenendo qualsiasi strada per arrivare la coltivazione, ritengo che i precedenti successi di raccolta firme, andrebbero accompagnati da una attività legale di raccolta delle richieste di autorizzazione. Perchè? Perchè la popolazione carceraria Italiana, potrebbe esplodere  ..... in un giorno!

Quante firme possono essere raccolte per la legalizzazione e un progetto di legge popolare? 100.000? 200.000? Sono obbiettivi perseguibili?

Se si, ogni firma andrebbe accompagnata da una semplice richiesta di autorizzazione alla coltivazione. E per portare firme di persone interessate ad intraprendere una via legale a coltivare, non è necessaria la presenza di tutti. Basta un gruppo di delegati.

Quali sarebbero le scelte della legge se dovesse decidere tra condannare o spingere gli organi preposti per il rilascio delle licenze, a norma di legge, per 200.000 persone? 

Se il costo del sistema giudiziario Italiano, a fronte di una popolazione di 60.000 individui, è di circa 2 miliardi e 700 milioni di euro, la risposta è che il costo del sistema carcerario aumenterebbe almeno di 3 volte. Si potrebbe stimare in circa 7,4 miliardi di euro. Una simile protesta legale, muoverebbe lo 0,5% del pil. Da pochi giorni hanno rilasciato i dati del pil italiano per il 2016: 0,6%. Una protesta per il rilascio delle licenze per la coltivazione di cannabis, potrebbe fare la differenza tra una nuova recessione economica e l'attuale navigare a vista, per raggiungere una misera sufficienza economica.

L'Italia può sostenere questa spesa? E' notizia di questi giorni, la richiesta dell'unione europea di rientrare di 3 miliardi. Il solo costo di una simile operazione di richiesta di coltivazione di massa, rischierebbe di fare deragliare il bilancio, già fragile, Italiano. 

Oggi sono i numeri che contano in Europa. Se si vuole spiegare agli Italiani il motivo della necessità di legalizzare e si trovano resistenze in merito alla valutazione economica di una politica per i suoi possibili successi, è arrivato il momento di sbancare il tavolo da gioco. E'  ora di lanciare la raccolta di autorizzazioni da sottoporre alla giustizia, affinchè faccia rispettare la legge, in tempi rapidi, e approvare la nuova legge sulla droga, in tempi ancora più rapidi. La legalizzazione della coltivazione di cannabis è ora diventato un problema di costi da tagliare.

sabato 9 gennaio 2016

L'uomo che ha mostrato la bugia della guerra alle droghe



Articolo di Redazione
27 dicembre 2015 16:15


Pablo Escobar è stato "il primo a capire che non è il mondo della cocaina ad orbitare attorno ai mercati, ma i mercati a ruotare attorno alla cocaina".


Di sicuro Escobar non l'ha detto proprio in questi termini: questa eretica verità è stata esplicitata da Roberto Saviano nel suo ultimo libro, Zero Zero Zero, il più importante dell'anno e sicuramente il più valido che sia mai stato scritto sul narcotraffico. Questo, di fatti, è un libro che dice ciò che deve essere detto alla fine di un altro anno di guerre per droga, che si diffondono in lungo e largo e in profondità, e sicuramente racconta ciò che non imparerete da Narcos, Breaking Bad o i numerosi report ufficiali.

La presa di coscienza che il capitalismo della cocaina è centrale nel nostro universo economico ha fatto di Escobar il Copernico del crimine organizzato, sostiene Saviano, aggiungendo: "Nessun business nel mondo è così dinamico, così incredibilmente innovativo, così leale nei confronti dello spirito del libero mercato come il business globale della cocaina." Suona semplice, ma non lo è - è rivoluzionario e, dice Saviano, spiega il mondo.

Avrei dovuto discutere di Zero Zero Zero con Saviano - che vive sotto protezione 24 ore al giorno, 7 giorni a settimana, dopo alcune minacce di morte successive alla pubblicazione di Gomorra, il suo libro sulla mafia napoletana - al Hay Arequipa book festival in Peru, questo mese. Ma Saviano non è riuscito a presenziare, a causa delle difficoltà di coordinare sempre i suoi spostamenti. Da otto anni vive in località segrete, con una scorta permanente di sette carabinieri, passando raramente più di due notti nello stesso letto. Un video collegamento con il Peru' si è dimostrato particolarmente complicato, ma ciò che Saviano aveva da dire è troppo importante, troppo urgente e troppo radicale per perdersi nei problemi di logistica. Alla fine siamo riusciti a parlare per telefono lo scorso weekend.


"Il Capitalismo", ha detto Saviano, "ha bisogno di associazioni criminali e mercati criminali...Questa è la cosa più difficile da comunicare. Le persone - anche coloro che si occupano di crimine organizzato - tendono a non notare questo fattore, insistendo sulla separazione tra il mercato nero e il mercato legale. E' la mentalità che porta le persone, in Europa e negli USA, a pensare al mafioso in prigione come ad un gangster. Ma non lo è, anzi, è un businessman, un uomo in carriera, e il suo business, il mercato nero, è divenuto il più grande mercato del mondo."

Questa è la sagace eresia di Saviano. Per decenni, scrivere di mafia globale ha presupposto l'impostazione da scisma Manicheo tra ladri e poliziotti; la nostra società in salute e l'applicazione della legge da una parte contrapposti al crimine organizzato dall'altra (con alcuni errori occasionali da parte dei primi). Ma il sentiero indicato da Saviano e pochi altri ha demolito questa relazione, ed è stato oltretutto corroborato da ogni recente sviluppo nel narco-incubo vissuto quotidianamente in Messico, inclusa in special modo la fuga, ancora una volta, dell'erede al trono di Escobar, Joaquin “Chapo” Guzman, da un cosiddetto carcere di massima sicurezza. I cartelli dei narcotrafficanti come quello di Guzman non sono avversari del capitalismo globale, ma nemmeno sue parodie; sono parte integrante - e pionieri - del libero mercato. Sono, in pratica, il modello di riferimento del libero mercato.

Abbiamo sentito molto, in questi giorni, sui pro e contro della legalizzazione delle droghe, ma molto poco sul narcotraffico come economia politica. Ora Saviano articola e dimostra ciò che tanti di noi che scrivono di mafia hanno tentato per anni di gridare a pieni polmoni dai tetti, solo che nessuno di noi è salito abbastanza in alto, ha urlato così forte o reso il messaggio così cristallino come ha fatto lui. Eccola dunque,
la bugia di ogni linea separatoria tra legale e illegale. Eccola, messa a nudo: il cartello come una grande azienda, la grande azienda come il cartello; la cocaina come puro capitalismo, il capitalismo come la cocaina, conosciuta nella sua forma più pura con il nome di zero-zero-zero - un ironico riferimento al nome dato alla farina migliore, ideale per la pasta.

Saviano scrive un reportage letterario con il suo distinto stile di narrativa, la sua cifra stilistica, immediatamente informativa ed impressionistica. Apre Zero Zero Zero con una feroce riflessione tragicomica su chi, nella vita del lettore, può fare uso di cocaina: "Se non è tua madre o tuo padre...allora è il boss. O la segretaria del boss...o l'oncologo...i camerieri che lavoreranno al matrimonio… Se non loro, allora il consigliere comunale che ha appena approvato il progetto per le nuove zone pedonali." In sessanta pagine ha messo a nudo il sistema per mezzo del quale - e per quali ragioni - la polvere bianca arriva fino al nostro naso. "La cocaina", conclude applicando la logica da business school, "è un bene sicuro. La cocaina è un bene anticiclico. La cocaina è un bene che non conosce e non teme scarsità di risorse o inflazione dei mercati." Certo, il capitalismo della cocaina - come accade sfacciatamente per ogni altro bene, e possibilmente anche di più - ha "entrambi i piedi ben piantati nella povertà… e nel lavoro non qualificato, un mare di soggetti interscambiabili, che perpetrano il sistema di sfruttamento di molti e di arricchimento di pochi".

"La cocaina diviene, in pratica, un prodotto paragonabile a oro e petrolio," aggiunge durante la nostra conversazione, "ma più economicamente potente di oro e petrolio. Con questi altri beni, infatti, se non hai accesso a miniere e pozzi è difficile entrare nel mercato. Con la cocaina non funziona così. Il terreno è coltivato da contadini disperati, il cui prodotto si può accumulare in enormi quantità di capitale e denaro, in pochissimo tempo. 

Se stai vendendo diamanti, devi prima farli autenticare, ottenere una licenza - con la cocaina questi passaggi non servono. Qualunque qualità tu abbia, puoi venderla immediatamente. Sei in perfetta sintesi con la vita quotidiana e con l'ethos del mercato globale - e l'ignoranza dei politici occidentali nel comprendere questo passaggio è sconcertante. Se il mondo europeo, e il mondo americano, non comprendono questi sistemi di forze, è perchè non hanno la volontà di comprendere il funzionamento del narcotraffico."

In un precedente libro, che presto verrà tradotto in inglese, dal titolo Vieni via con me, Saviano ha parlato di "ecomafia" per cui è "sempre fondamentale prestare attenzione ai terreni e agli spazi in cui si può nascondere e proliferare", esattamente come fa una società per ritagliarsi uno spazio nel mercato. In Zero Zero Zero, Saviano scrive di quella che potrebbe essere chiamata la genealogia delle narco-associazioni, dal periodo paternalistico del "capitalismo conservativo" alla snella e squallida multinazionale che è diventata: comprando banche fallite, lavorando sull'economia del credito, subentrando alle banche nei prestiti. Permeando il sistema finche' non è divenuto indistinto da esso, totalmente aderente, fino ad ora che (scrive Saviano in Vieni Via Con Me): "la democrazia è letteralmente in pericolo" e noi siamo diventati "tutti uguali, tutti contaminati… nella macchina del fango".

"Quindi la storia del narcotraffico", dice adesso, "non è qualcosa che succede lontano da noi. Le persone preferiscono pensare alla violenza disgustosa come a qualcosa di distante da loro, ma non lo è. La nostra intera economia è pervasa da questa narrativa."


Per alcune ragioni, dice, il mondo Anglo-Sassone è più lento a comprendere l'innata criminalità del sistema "legale" rispetto a quanto lo sono le società latine. "Penso che il mondo Anglo-Sassone, Anglo-Americano, sia infuso di un certo positivismo calvinista; le persone vogliono credere nella 'buona salute' della loro società", dice Saviano, anche se "tutto questo significa che, per esempio, la City di Londra è divenuto un centro per il riciclaggio di denaro sporco molto più di quanto lo siano le Isole Cayman".

La mafia, afferma, ha un modo particolare di consolidare la sua presenza e accrescere la sua forza, in un modo quasi Darwiniano, evoluzionistico: "la forza della mafia è questa. Se un mafioso combina un guaio, muore - e così si sviluppa un sistema di sopravvivenza. Quando fanno un errore, vengono uccisi e rimpiazzati da qualcuno ancora più spietato, così che l'organizzazione diventa più forte."

All'inizio di quest'anno, scrivendo da New York, Saviano ha descritto la sua difficile vita sotto scorta per il Guardian, e in questo passo che segue lui chiede a se stesso, in modo commovente: "Ne è valsa davvero la pena?"

"Io scrivo di Napoli, ma Napoli si tappa le orecchie", si rammarica Saviano.
Scrive lui, "è un mio errore se gli articoli che continuo a scrivere sul sangue versato dal mercato della cocaina cadono miseramente su orecchie sorde." Ogni giornalista o scrittore di queste tematiche sente in parte il peso di questi sentimenti, ma – a parte alcuni colleghi in Messico e Colombia - con un prezzo da pagare inferiore a quello pagato da Saviano: ovvero la sua libertà e la sua sicurezza.

"A volte penso di essere ossessionato", riflette nel suo libro, ma "altre volte sono convinto che queste storie sono un modo per dire la verità". Qui ce l'abbiamo, la verità. Sia che Saviano sia ossessionato o meno, si rende conto di una verità brutale: che capire il narcotraffico equivale a comprendere il mondo moderno.
"Non potrai mai davvero capire come funziona il mercato globale se non capisci come funziona il narcotraffico", dice nella nostra conversazione.

Un passaggio degno di nota in Zero Zero Zero spiega il perchè: una trascrizione di una registrazione dell'FBI di un esperto mafioso italiano che, a New York, istruisce dei giovani soldati messicani sulla differenza tra legge e "regole". Le leggi ci sono per essere infrante, sottolinea, ma le regole dell'organizzazione sono sacrosante, sotto pena di morte.
"La legge si suppone essere applicabile a tutti," Saviano mi dice, "ma le regole sono fatte dai cosiddetti 'uomini d'onore'. Questo è il modo in cui il narcotraffico spiega il mondo, ricomprendendo tutte le contraddizioni di esso. Per aver successo nel narcotraffico, devi applicare le regole per infrangere la legge dello stato. E oggi, ogni grande corporation può aver successo solo se adotta lo stesso principio - se le regole lo esigono, deve infrangere la legge."

(articolo di Ed Vulliamy pubblicato sul quotidiano The Guardian del 26/12/2015)

lunedì 4 gennaio 2016

Cannabis legalizzata in Usa. Crisi dei produttori in Messico

Articolo di Redazione
31 dicembre 2015 16:09

La progressiva liberalizzazione dl consumo di marijuana negli Stati Uniti sta complicando il business dei produttori clandestini di questa droga nel nord del Messico, cosi' come lo evidenzia il quotidiano Los Angeles Times.
Grazie ad alcune testimonianze dei contadini di piccole piantagioni di cannabis nello Stato di Sinaloa, pubblicate dal quotidiano, i ricavi che gli stessi hanno avuto per ogni chilogrammo di droga, in quattro anni e' passato da 100 a 30 dollari.
“La gente non vuole abbandonare le proprie piantagioni illegali, ma sempre piu' si sta rendendo conto che non e' un buon business”, ha detto al quotidiano Juan Guerra, ministro dell'Agricoltura dello Stato di Sinaloa.
“Se qualcuno viene qui per comprare marijuana, chiede che sia economica”, ha detto Emilio, un agricoltore che lavora quattro appezzamenti di droga coi propri figli.
“Pero', anche se in realtà non è più considerato un buon affare, non c'è niente altro da fare”.
Secondo i funzionari di entrambi i lati della frontiera consultati dal Los Angeles Times, la caduta dei prezzi ha provocato una riduzione della produzione della marijuana in Messico ed una diminuzione del traffico di droga verso il vicino Paese. Secondo Beau Kilmer, co-direttore del Centro di Indagini sulle Politiche delle droghe del think-thank Rand Corporation, nel 2008 il Messico era il Paese d'origine dei due terzi della marijuana consumata ogni anno in Usa.
Attualmente -dice Alejandro Hope, analista sulla sicurezza e le droghe in Messico, la marijuana messicana rappresenta meno di un terzo del totale che si consuma nel territorio statunitense.
“Cio' che e' cambiato oltre la frontiera sta facendo diventare la marijuana meno redditizia per organizzazioni come il cartello di Sinaloa”, dice Antonio Mazzitelli, rappresentante in Messico per l'Unocd.
In base a dati della Procura Generale della Repubblica, il Governo messicano sta cercando di eradicare 4.484 ettari di piantagioni di cannabis, un numero inferiore ai 17.777 eradicati nel 2010.
Riguardo ai sequestri nel 2014, l'Ufficio delle Dogane e Protezione delle Frontiere ne ha sequestrato 1.085 tonnellate alla frontiera. Quattro anni prima, i sequestri erano sulle 1.500 tonnellate.
Inoltre, il numero di arresti per coltivazione di marijuana all'estero, secondo la DEA, e' passato da 4.519 del 2010 a 2.367 nel 2014.
Nel 1996, la California, maggiore produttore di questo Paese, e' diventata il primo Stato che ha legalizzato la marijuana terapeutica. Altri 22 Stati hanno seguito il suo esempio negli ultimi venti anni.
Secondo le leggi federali statunitensi, pero', la produzione e il possesso di marijuana sono reati, e il Dipartimento i Giustizia Usa ha piu' volte interferito nelle legislazioni locali.


Cannabis legalizzata in Usa. Crisi dei produttori in Messico

lunedì 12 ottobre 2015

CANNABIS LEGALE, ITALIA PRONTA DAL ’93 MA PER ALCUNI È SOLO UN DIRITTO IN PIÙ DA NEGARE

La cannabis legale e i dubbi di chi difende, in modo anche velato, un proibizionismo sconfitto dalla storia.


Nei giorni in cui sta sviluppandosi nelle sedi parlamentari il progetto di legge antiproibizionista sulla cannabis, voluto dall’Intergruppo fondato da Benedetto Della Vedova, stanno emergendo (come anche giusto che sia) alcune voci contrarie o perplesse, verso la legalizzazione delle droghe leggere. Da argomentazioni che potremmo definire ‘benaltriste’, passando per dubbi di tipo sociologico e le immancabili disamine economiche volte a frenare gli entusiasmi per il gettito fiscale. Comunque la si guardi, appare chiaro che per tanti politici e personaggi pubblici italiani è ancora inconcepibile considerare l’estensione dei diritti civili, una ricchezza e una risorsa in quanto tale. Il popolo, sul tema delle droghe leggere legali, è pronto da almeno 22 anni, ovvero dal referendum proposto dai Radicali in cui si chiedeva la depenalizzazione dei reati connessi all'uso personale della cannabis e dei suoi derivati. Il popolo accolse tale istanza ma la politica ha sistematicamente ignorato tutto ciò.


Il ‘benaltrismo’
La frase 'Ai giovani serve un lavoro e non una canna’ è come un mantra per chi, a partire da Giorgia Meloni, si ricorda sempre della questione occupazionale ogniqualvolta ci sono in ballo i diritti civili. Siano questi appannaggio degli omosessuali, dei malati che chiedono l’eutanasia o dei consumatori di cannabis. Forse ci si dimentica che la legalizzazione permetterebbe l’avvio di attività fino ad oggi proibite fornendo una (pur minima) risposta a chi vuole mettersi in gioco nel settore. Inoltre, non è chiaro come la legalizzazione mini gli interessi di lavoratori e disoccupati ai quali sono deputati a pensare ministri, sottosegretari e responsabili dei partiti, tutti ‘specialisti’.

Legalizzazione è maggiore sicurezza
Vi sono poi derive di tipo sociologico, come chi prefigura chissà quale caos generato dall’apertura di locali in cui acquistare cannabis, che appaiono fuori luogo se si considera che le droghe (anche pesanti) sono di fatto già ‘libere’ in quanto facilmente reperibili sul mercato nero. L’emersione del fenomeno porterebbe tante persone ‘normali’ che consumano cannabis, a usufruire di canali legali e senza rischi per la salute visto che la legalizzazione garantirebbe prodotti di maggior qualità. Le intemperanze di pochi non finirebbero per inficiare la bontà di un progetto che libererebbe dal giogo repressivo (anche solo potenziale) milioni di consumatori che non possono essere, evidentemente, tutte teste calde. Gli esempi dei coffee-shop olandesi, dei cannabis club spagnoli, dei bar cechi e dei dispensari americani sono lì a dimostrarlo e nelle province dell’Olanda dove tali locali erano stati proibiti ai turisti, è stato necessario tornare indietro per evitare scene che nelle nostre città proibizioniste sono la quotidianità: arresti, violenza e spaccio in strada, ovvero fenomeni riazzerabili solo con la legalizzazione.

L’economia non è tutto
C’è chi ha messo in dubbio l’efficacia della legalizzazione da un punto di vista economico, sottostimando il gettito fiscale e gli introiti generati. Senza entrare nel merito di cifre opinabili perché stime riguardanti un traffico che neppure dovrebbe esistere, è sufficiente utilizzare le parole di Benedetto Della Vedova che, su Linkiesta, ha spiegato come il versante economico non sia la causa del provvedimento ma una sua conseguenza. I diritti, insomma, sono già un valore in sè perché, per dirla all’americana, generano felicità. E pazienza se questa non è nelle rilevazioni economiche.

venerdì 13 giugno 2014

U.E. - Sesso e droga in PIL. WSJ: Italia +1-2%, Gb +3-6%

Sesso e droga cambiano il Pil europeo: i nuovi sistemi di misurazione del Pil dell'Unione Europea includono le droghe, la prostituzione e altre attivita'. E La Gran Bretagna, l'Irlanda e l'Italia sono fra i primi paesi che le adotteranno, includendo nella misurazione delle loro economie anche alcuni affari illeciti. Per l'Italia questo potrebbe tradursi in un aumento del valore del Pil dell'1-2%. A fare i conti e' il Wall Street Journal, secondo il quale non tutti gli economisti sono d'accordo perche' misurare l'economia sommersa e nascosta potrebbe rendere il dato sul pil meno accurato. Altri osservatori, invece, ritengono l'inclusione di droga e prostituzione un bene: se le vendite di droga non sono incluse, si potrebbe erroneamente giungere alla conclusione che la popolazione risparmi i soldi spesi invece in sostanze stupefacenti. ''Alcuni paesi europei potrebbero avere degli incentivi extra a gonfiare la taglia della loro economia: un pil maggiore aiuta infatti il debito e il deficit a restare nei limiti dell'Unione Europea'' afferma il Wall Street Journal, sottolineando che il Bureau of Economic Analysis, che calcola il pil americano, ''non ha al momento intenzione di includere la spesa in attivita' illecite''. L'economia americana sarebbe il 3% piu' grande se le regole europee fossero adottate. La Gran Bretagna vedrebbe il valore del suo pil aumentare di 9 miliardi di dollari includendo la prostituzione e 7,4 miliardi di dollari includendo le droghe illegali, con una spinta del 3-6%.

martedì 24 aprile 2012

Elezioni - Sicurezza: la situazione in città - dibattito di giovedì a Tv Parma

Le proposte in tema "sicurezza" dei candidati sindaci, puntano ad un maggiore impiego delle forze dell' ordine, con conseguente aumento della neccessità di risorse finanziarie da destinare ai corpi armati, quando mancano anche solo i soldi per la benzina delle gazelle. Alla luce del fallimento della "linea Vignali" in tema "sicurezza", come si pongono i candidati sindaci? Vignali ha fatto della politica del "forte con i deboli e deboli con i forti" il suo motto; lo dimostra la tolleranza zero contro prostitute e spaccio di droga, che ha portato ai casi Bonsu, Jacobazzi e alle delibere anti prostituzione che hanno solo portato a qualche multa e il problema è ancora li, in più sono aumentati i furti. Per la legge italiana, trattata nel testo unico sulle sostanze stupefacenti, la vendita e coltivazione di sostanze stupefacenti è consentita sotto autorizzazione ministeriale; perchè, in collaborazione con l' università, non si elabora un piano di coltivazione e vendita di canabis terapeutica da distribuire sotto prescrizione medica? Questo permetterebbe di arginare il fenomeno tossicodipendenza per cannabis(la sostanza illegale più diffusa al mondo) e il suo uso ad un ambito sanitario e non penale, con risparmi nella gestione delle forze dell' ordine e la possibilità di un loro migliore impiego contro il narcotraffico,distinguendo il mercato legale da quello illegale, e il crescente numero di furti; altresì genererebbe nuove entrate fiscali e nuovi posti di lavoro. Il fallimento di Vignali riguarda anche il tema prostituzione: perchè, a fronte della nuova costruzione del ponte nord, non si destinano gli spazi presenti alla attività del meretricio, creando un "red light bridge"? Anche in questo caso si assisterebbe ad una arginazione del fenomeno, un risparmio nella gestione dello stesso e la creazione di nuovi flussi nelle casse del comune. I risparmi e le nuove entrate generate da questa politica garantirebbero nuove risorse alle forze dell' ordine, nuove risorse per la prevenzione all' uso di sostanze stupefacenti, la possibilità di investire soldi in educazione per prevenire fenomeni di disagio sociale che possono sfociare in comportamenti antisociali. Il futuro sindaco ha la possibilità di farsi forte dei fallimenti di quello precedente per introdurre una gestione della sicurezza "europea" ed economica. Quale candidato sindaco avrebbe il coraggio di portare avanti una simile politica, realtà in altre nazioni europee?

Alla luce deldibattito televisivo che si terrà su Tv Parma ho provato a portare le mie "solite" domande alla redazione. Ricordando anche il "bell'episodio" di quando, in diretta tv, alla presenza di "Gilberto Gerra, esperto dell'ufficio dell'Onu sulle droghe e la criminalità", ho evidenziato il fallimento del proibizionismo, spiazzando completamente la presentatrice e portando alla luce un dibattito che i media tendono a considerare un tabu: il fallimento del proibizionismo, mi piacerebbe molto che queste domande venissero fatte. Avrà il coraggio la gazzetta di fare queste domande?

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giovedì 19 aprile 2012

Pot Legalization Could Save U.S. $13.7 Billion Per Year, 300 Economists Say

Your plans to celebrate 4/20 this Friday could actually make the government some money, if only such activities were legal. That’s according to a bunch of economists, and some prominent ones too.
More than 300 economists, including three nobel laureates, have signed a petition calling attention to the findings of a paper by Harvard economist Jeffrey Miron, which suggests that if the government legalized marijuana it would save $7.7 billion annually by not having to enforce the current prohibition on the drug. The report added that legalization would save an additional $6 billion per year if the government taxed marijuana at rates similar to alcohol and tobacco.
That's as much as $13.7 billion per year, but it's still minimal when compared to the federal deficit, which hit $1.5 trillion last year, according to the Congressional Budget Office.
While the economists don't directly call for pot legalization, the petition asks advocates on both sides to engage in an "open and honest debate" about the benefits of pot prohibition.
"At a minimum, this debate will force advocates of current policy to show that prohibition has benefits sufficient to justify the cost to taxpayers, foregone tax revenues, and numerous ancillary consequences that result from marijuana prohibition," the petition states.
The economic benefits of pushing pot into mainstream commerce have long been cited as a reason to make the drug legal, and the economists' petition comes as government officials at both the federal and local levels are looking for ways to raise funds. The majority of Americans say they prefer cutting programs to increasing taxes as a way to deal with the nation’s budget deficit -- marijuana legalization would seemingly give the government money without doing either.
Officials in one state have already made the economic argument for pot legalization, but to no avail. California Democratic State Assemblyman Tom Ammiano proposed legislation in 2009 to legalize marijuana in California, arguing that it would yield billions of dollars in tax revenue for a state in dire need of funds. California voters ultimately knocked down a referendum to legalize marijuana in 2010.
Economist Stephen Easton wrote in Businessweek that the financial benefits of pot legalization may be even bigger than Miron's findings estimate. Based on the amount of money he thinks it would take to produce and market legal marijuana, combined with an estimate of marijuana consumers, Eatson guesses that legalizing the drug could bring in $45 to $100 billion per year. Easton’s name doesn't appear on the petition.
Some argue that the economic argument for pot legalization is already proven by the benefits states and cities have reaped from making medical marijuana legal. Advocates for Colorado's medical marijuana industry argue that legalization has helped to jumpstart a stalled economy in cities like Boulder and Denver, according to nj.com.

Pot Legalization Could Save U.S. $13.7 Billion Per Year, 300 Economists Say 

USA - Legalizzare la marijuana per risparmiare 13,7 miliardi Usd. Petizione

Legalizzare la marijuana per risparmiare 13,7 miliardi di dollari all'anno negli Stati Uniti. E' il suggerimento lanciato da 300 economisti, tra cui tre premi Nobel, che hanno firmato una petizione fondata sui risultati del lavoro dell'economista di Harvard Jeffrey Miron.La petizione chiede al governo statunitense di legalizzare la cannabis per alleggerire le sue casse di ben 7,7 miliardi dollari di spese ogni anno, impiegati per contrastare il mancato rispetto dell'attuale divieto sull'uso della droga leggera. Il rapporto, inoltre, dimostra che la legalizzazione farebbe risparmiare un supplemento di 6 miliardi di dollari annui se il governo tassasse la marijuana come fa con alcol e tabacco. La petizione, riportata dall'Huffington Post, chiede di impegnarsi in un "dibattito aperto e onesto" sui benefici effettivi del divieto. "Come minimo, questo dibattito costringera' i sostenitori della politica attuale a dimostrarne i benefici e verificare se siano sufficienti a giustificare il costo elevatissimo per le tasche dei contribuenti", ha detto Miron.

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