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venerdì 25 aprile 2014

Decreto Lorenzin, Tragedia sfiorata, occasione mancata

Intervento in Aula nella discussione generale per la “Conversione in legge del decreto-legge 20 marzo 2014, n. 36, recante disposizioni urgenti in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza:

” Signor Presidente, colleghi, membri del Governo, fin dalle nostre prime battute chi avesse l’avventura di ascoltarci ha capito che in questo decreto-legge ne vivono due: uno riguarda, parla la lingua delle droghe al plurale, e l’altro quella dei farmaci. A me per competenza spetta il primo versante, dunque le droghe.
Questo decreto-legge è al tempo stesso una tragedia evitata ma anche un’occasione mancata. La tragedia, vediamo prima la tragedia.
Abbiamo visto il testo che il Ministro Lorenzin ha portato in Consiglio dei ministri, l’abbiamo letto con attenzione. Era un maldestro tentativo di far rivivere la norma dichiarata incostituzionale dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 32 del 2014, più volte richiamata. Si tentava di far rivivere uno sventurato testo del 2006 meglio noto come «legge Fini-Giovanardi»: una legge ideologica e fallimentare, che ha prodotto migliaia di morti, carcere ed enormi costi economici e sociali. Al punto che al relatore di minoranza, che ha posto la sua attenzione sulla sicurezza dei cittadini, si potrebbe rispondere che proprio quella legge ha dato un colpo mortale a quella sicurezza dei cittadini che si vorrebbe difendere a parole, ma che si è in realtà seppellita nei fatti.
Le vittime dei reati sono vittime di quella legge innanzitutto, che si affiancano ad altre migliaia di vittime, migliaia, che sono state l’oggetto diretto di intervento di quella normativa. E dunque ci sarebbe da chiedere, se non quella, la riforma della legge Fini-Giovanardi, qual era il motivo di particolare urgenza del provvedimento del Ministro Lorenzin. Perché, insomma, un decreto-legge ?
A detta del Ministro era la necessità di ritabellare alcune centinaia di sostanze che dopo la sentenza della Corte erano diventate, diciamo, libere e sciolte. Un atto amministrativo, chiosava; io dico, noi diciamo: una truffa al Paese. Perché le tabelle, caro Ministro Lorenzin – le giunga questa eco attraverso la Presidenza della Camera e attraverso i membri del Governo –, non sono un allegato marginale del Testo unico sulle sostanze stupefacenti, sono il cuore del Testo unico ! Sono il luogo dove lo Stato definisce ciò che è illecito e ciò che è lecito, e a cui indirettamente associa delle soglie penalistiche; e sono molto diverse quelle oggi in vigore da quelle previste da legge Fini-Giovanardi, almeno per le sostanze tornate ad essere ritabellate in tabella 2, la cannabis e suoi derivati.
  Quindi, Lorenzin ha tentato di far rivivere attraverso le tabelle, la abnormità sanzionatoria della Fini-Giovanardi riproponendo l’assurdità scientifica e logica che tutte le droghe sono uguali, non si declinano ma si definiscono soltanto al singolare, hanno pari pericolosità e dunque devono essere parimenti sanzionate. Il tentativo è fallito ed ecco qui perché parliamo di tragedia scampata. E per avere un’idea del pericolo che abbiamo corso basta guardare i risultati degli anni di vigenza di quella infausta legge.
L’urgenza semmai che abbiamo visto in Commissione, non erano quelle sostanze, 500 non più tabellate che erano state dichiarate, di cui noi non abbiamo assolutamente parlato; non abbiamo proprio neanche sfiorato il tema delle 500 sostanze, ma abbiamo parlato nei lavori delle due Commissioni riunite di una ed una sola sostanza, di una ed una sola pianta che peraltro, sorpresa, era già perfettamente tabellata.
E, allora, sulla base di questo, sorge un problema perché nelle audizioni – la Commissione giustizia aveva già avuto quell’avventura ma è stato giusto che le altre Commissioni del Parlamento, della Camera dei deputati si assoggettassero a questo atto della fede – si è potuto assistere alla sfilata di un mondo pseudo-scientifico che è cresciuto dentro e ai margini del Dipartimento nazionale delle politiche antidroga. Poche eccezioni di serietà dentro un fiume di argomentazioni dalla più che dubbia validità scientifica che va classificato come ennesimo tentativo di truffa al Parlamento. Perché qui, colleghi, c’è un tema che forse dovremo discutere: il fatto che il rapporto annuale che è stato fornito al Parlamento della Repubblica in materia è certamente fuorviante. Cioè, sostanzialmente, al Parlamento della Repubblica per anni sono stati forniti dati, se non falsi, ampiamente addomesticati. E nella ridefinizione dei compiti di questo organismo, il Dipartimento, nato dalla legge Fini- Giovanardi e istituito nel 2008, l’attendibilità dei dati scientifici e statistici è un fatto fondamentale perché permette al legislatore di non essere cieco rispetto a quei fenomeni dinamici che il consumo e il mercato delle sostanze stupefacenti illecite ha e di cui parlava anche il collega del Partito Democratico che mi ha preceduto: il buon legislatore non può essere cieco. E, invece, abbiamo purtroppo notato che queste cattive abitudini che quella legge del 2006 ha introdotto hanno avuto per anni una lunga e, penso, molto negativa vita.
Ed è anche il motivo per cui l’Italia, che aveva delle buone eccellenze in materia, oggi è considerata in sede europea – e anche, possiamo dirlo, in sede mondiale – poco seriamente su questo terreno perché la validità, la serietà della ricerca scientifica che viene fatta nel Paese e presentata a livello internazionale suscita sorrisi, suscita ilarità. A me è toccato a Bruxelles di dover osservare quel tipo di atteggiamento di altri Paesi europei, di altre comunità scientifiche e io credo che anche questo dovrebbe entrare a far parte della nostra riflessione.
Oggi siamo di fronte, quindi, ad una tragedia scampata e a una occasione mancata. Vediamo un po’ cosa poteva essere questa occasione mancata.
Il mondo sta cambiando ed è anche il motivo per cui oggi ci interroghiamo su queste vicende. Perché, se il mondo non fosse cambiato, è probabile che non ne avremmo parlato in quest’Aula e non avremmo avuto altre occasioni; forse non ci sarebbe stata neanche la sentenza della Corte costituzionale.
Il mondo sta cambiando e sta gradualmente dismettendo, con la giusta lentezza di qualcosa che è durato settanta-ottant’anni, quelle politiche che hanno dimostrato di non funzionare forse anche perché basate su assunti non veritieri.
Le politiche della guerra alla droga validate su scala globale dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite del 1998 non hanno funzionato, non hanno raggiunto nessuno degli obiettivi che dichiaravano, né sul versante della riduzione dell’offerta, né su quello della domanda. Anzi, quelle politiche si sono dimostrate le migliori alleate dell’organizzazione del narcotraffico di ogni sorta e colore, le hanno aiutate e dilatate in ogni parte del globo, e l’ Italia è un esempio ben calzante di questa situazione.
Alcuni Governi, alcune classi politiche lucide e coraggiose si sono assunte la responsabilità di dare forma a questo cambiamento; dal Colorado all’Uruguay, la strada in quel senso sarà lunga ma certamente è tracciata.
Qui è mancata la lucidità e ancor più il coraggio, neppure quello – che da solo avrebbe motivato un provvedimento in forma di decreto, quell’urgenza – di un indirizzo agli uffici giudiziari nei confronti dei condannati definitivi – migliaia – in base alla normativa dichiarata incostituzionale dalla Corte. Neanche quello.
Ancora una volta la magistratura, in questo caso la Corte di cassazione, si dice agirà in supplenza della politica, ma mancando anche solo questo corpo grosso di questione, figuriamoci il resto.
In questo provvedimento non c’è traccia, nonostante i nostri sforzi, di quei frammenti di buonsenso sulla coltivazione ad uso personale che venivano ricordati – stiamo parlando della cannabis – o del venir meno di quelle sanzioni amministrative che rappresentano oggi più uno strumento di tortura che uno strumento di dissuasione e prevenzione.
Allora, il coraggio e la lucidità fuggono conserti e il capolavoro di questo provvedimento sta nel comma 5 dell’articolo 73, dove un accordo politico di maggioranza, pur di non differenziare le sostanze e di ammetterne la differenza in un testo di legge – come peraltro c’è, dopo la sentenza della Corte – preferiscono addivenire a sanzioni dal punto di vista penale uniformi per tutte le sostanze, alla faccia della loro pericolosità. E non credo proprio – l’ho già detto nei lavori di Commissione – che basterà il complesso delle condotte, di cui i fatti di lieve entità, per evitare a quel comma, nel tempo che ci vorrà, un ulteriore giudizio di costituzionalità.
Quindi, in sintesi, poco bene e parecchio male è il giudizio di Sinistra Ecologia Libertà su questo testo. Ci daremo però da fare per cambiarlo, ma – qui vengo al punto – si dice che il Governo porrà su questo provvedimento lunedì la questione di fiducia: io penso che sarebbe un errore perché si sottrarrebbe al Parlamento la possibilità di discutere nel merito, magari di far aprire gli occhi anche a una parte di colleghi che siedono in quest’Aula e che le informazioni le hanno ricevute attraverso quelle relazioni annuali e attraverso le notizie di stampa su cui l’imprecisione regna sovrana, e magari anche il Paese potrebbe avere occasione di riflettere sull’inganno che abbiamo attraversato

Decreto Lorenzin, Tragedia sfiorata, occasione mancata

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