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martedì 13 dicembre 2011

Storia economica di un fallimento premeditato: il proibizionismo. Capitolo 4, prima parte

Capitolo 4 : i risultati della guerra alla droga, un altro fallimento; il caso Italia

La legge in italia
Non esiste, nella stampa italiana, nessuna documentazione riguardo le politiche sugli stupefacenti, né dei risultati che questa politica ha portato; come accade in Messico gli unici “successi” di cui la politica si vanta o dei quali i mezzi di informazione parlano, sono i sequestri di droga o dei beni appartenenti alla malavita organizzata.
La legislazione italiana, in materia di stupefacenti, ha sempre dato adito a numerose quanto contrastanti interpretazioni, neppure i massimi organi giurisdizionali, le sezioni della corte di cassazione, hanno sempre dato pareri univoci in materia di stupefacenti, perchè la legge non è mai stata chiara. In Italia, prima della condanna definitiva, l' imputato può passare 3 gradi di giudizio; così un condannato in primo e secondo grado può essere assolto al terzo grado qualora l' imputato venisse ritenuto innocente. Si sono verificati, così, curiosi casi di cronaca; come una persona arrestata per un kg di cocaina, ma assolti perchè la quantità poteva essere ritenuta per uso personale facendo riferimento allo stato di benessere economico che l' imputato godeva. Oppure si è potuti assistere alla sentenza definitiva della cassazione che proibisce anche la sola coltivazione domestica di una pianta di cannabis, se non “autorizzata”.
L' interpretazione della legge sugli stupefacenti nasconde un grosso problema. L' opportunità politica del proibizionismo. In Italia, ma non solo, il proibizionismo, come l' uso di stupefacenti, è trasversale agli schieramenti politici. Chi si potrebbe fare portavoce di politiche sulla legalizzazione delle droghe senza essere facilmente accusato dagli avversari di vendere morte o essere a favore della “droga” libera per tutti? Quanto risulta più accattivante ridurre il problema al dire semplicemente “no” alla droga, proibirla e lavarsene le mani, infischiandosene dei risultati o mentendo o nascondendo le reali statistiche a riguardo del fenomeno?
La politica sfrutta trasversalmente l' avversione dell' elettorato al tema tossicodipendenza per accaparrarsi i voti facili della stragrande maggioranza della popolazione senza mai entrare nel merito dell' argomento: un no vale molto più di mille parole. Eppure le mille parole sarebbero in grado di spiegare perchè dire no in realtà è ancora più dannoso che usare stupefacenti. Da qui nasce il taboo politico per quanto riguarda i temi tossicodipendenza e stupefacenti. In Italia è stato di recente approvato dal sottosegretario con delega alle politiche sugli stupefacenti, a questo riguardo, un codice che permetta l' autoregolamentazione dei programmi televisivi. Quello che si vuole evitare non è il parlare di stupefacenti, ma il mettere in dubbio l' operato delle politiche sugli stupefacenti adottate nel paese e in particolar modo l' ultima legge approvata in materia che porta il nome dello stesso sottosegretario.
Proibendo la detenzione personale e condannando penalmente i detentori di quantitativi di sostanze stupefacenti superiori a dei limiti tabellari imposti tramite decreto normativo, l' ultima discussa legge che regola la materia stupefacenti,dalla sua approvazione. ha ottenuto nefasti risultati. Questa legge, approvata nell' inverno dell' anno 2005, come parte integrante di un decreto sulla sicurezza di un evento sportivo, le olimpiadi invernali tenutesi a Torino, è l' ultimo dei tentativi, della politica italiana, volti a chiudere il dibattito sull' introduzione di politiche alternative al carcere in caso di detenzione o utilizzo di stupefacenti o di legalizzazione delle sostanze, tutte o alcune..
Nata per sanare un vuoto normativo che prevedeva la discrezionalità dei giudici di valutare caso per caso la presenza di elementi penali volti alla discussione in tribunale dell' eventualità di traffico di stupefacenti, in seguito alla abrogazione tramite referendum popolare dei precedenti limiti tabellari imposti dalla normativa Craxi Iervolino approvata nel 1990, l' attuale normativa, che prende il nome dei due sponsorizzatori, Fini-Giovanardi, voleva definire quali fossero i limiti di legge oltre i quali si potesse incorrere nel reato di spaccio di sostanze stupefacenti. A distanza di 15 anni dall' introduzione di tabelle che regolamentassero chi poteva essere definito spacciatore e chi no e in seguito alla abrogazione per referendum di tali limiti, il governo è andato contro il volere popolare, ristabilendo dei limiti nuovi non più basati sul quantitativo di sostanza detenibile, limite facilmente individuabile attraverso la pesatura delle sostanze sequestrate, ma attraverso la quantificazione di principio attivo rinvenuto nel materiale sequestrato, rendendo pressochè impossibile l' immediata valutazione della gravità della posizione dell' imputato.

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