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domenica 4 dicembre 2011

Storia economica di un fallimento premeditato: il proibizionismo. Capitolo 1, terza parte


Sfortunatamente, la realtà dei due esempi citati, sembrerebbe contrastare profondamente con l' ipotesì di maturità delle masse, o con il principio secondo cui la minaccia della libertà come strumento di coercizione a comportamenti individuali autolesionistici possa funzionare. La libertà è infatti un concetto individuale; la libertà di scelta del singolo èprevede anche la possibilità di “sbagliare consapevolmente” ed è alla base del principio di autodeterminazione del singolo.
Alla luce di questi esempi è lecito domandarsi se la proibizione sia stata effettuata nella “maniera sbagliata”, per non escludere che effettivamente proibire sia la soluzione migliore per affrontare determinate sfide. La storia è piena di altri casi di proibizione e forse l' indagine cronologica di altri esempi, può essere utile ad individuare modelli di proibizione efficaci nella riduzione di comportamenti socialmente sconvenienti.
Da quando il proibizionismo sull' alcol è terminato, si è aperta l' era del proibizionismo moderno, la guerra totale alla “droga”, sancita ufficialmente dal presidente americano Richard Nixon nel 1971, quando dichiarò l' abuso di droga il “nemico pubblico n1 dell' america”.
L' era del proibizionismo moderno si è aperta con l' approvazione, nel 1937, del marijuana tax act, negli stati uniti d' america. Nel frattempo, sull' altra sponda dell' Oceano atlantico, ascendeva al potere il partito nazional socialista Hitleriano. Come Hitler ebbe in Goebbels il ministro della propoaganda dell' ideologia nazional socialista, così negli Stati Uniti, il proibizionismo trovò in Harry Jacob Anslinger il portavoce di questa nuova ideologia che avrebbe dovuto incrementare le entrate dell' ufficio del “ neo ministro della propaganda proibizionista”, preposto al controllo delle sostanze illecite.
Fino al 1937, la canapa era conosciuta come tale. Era un materiale dai più diversi impieghi industriali; l' utilizzo della canapa poteva essere impiegato nell' industria tessile, quanto editoriale, cosmetica e farmaceutica, non ultima come fonte di energia alternativa al petrolio. La Ford, costruì una macchina interamente in canapa ad alimentazione di combustibile vegetale prodotto dalla canapa. La cannabis era ampliamente utilizzata in medicina contro nausea, vomito, anoressia, cachessia, disordini del movimento, asma.
Come l' oppio fu proibito per motivi di ordine economico e sociale in cina, così come l' alcol venne bandito per un richiamo alla morigeratezza dei costumi, così fu proibita la canapa per motivi industriali. La nascente industria petrol chimica vedeva nella canapa il maggior concorrente nella corsa al profitto. Dal petrolio era possibile sintetizzare diverse forme di molecole brevettabili e dai più disparati impieghi. Si veda il Nylon nel tessile, il petrolato ( o più comunemente chiamato vaselina) per la produzione di cosmetici o impiegato nell' industria farmaceutica per la produzione di pomate. Gli scarti della produzione del petrolio potevano essere impiegati in un numero così vasto di settori ed essere brevettabili dallo scopritore , che non vi era ragione economica per lasciare che una pianta potesse rovinare i piani industriali e l' ascesa economica dell' industria petrolifera. A proposito di ciò si attribuisce al magnate dell' industra Rockfeller una curiosa e ambigua citazione: "perchè violentare la natura tagliando la canapa, c'è il petrolio".
La cannabis è ormai vietata negli stati uniti d' america dal 1936. Sono passati 74 anni. Se le “brevi esperienze” cinese per l' oppio e americana sull' alcol non avessero potuto dimostrare la loro efficacia solo perchè impiegate per troppo tempo, il proibizionismo sulla canapa, se efficace nel diminuire l' utilizzo dello stupefacente illegale, potrebbe confermare la tesi che la proibizione può ridurre il consumo e la diffusione di stupefacenti.
Al tempo dell'introduzione della proibizione dell' uso “ludico” della cannabis, nel 1936, questa sostanza era un fenomeno marginale che toccava solamente ispanici e popolazione di colore. Quale è la situazione oggi? Secondo un report , del 2006, effettuato da DrugScience.org, la coltivazione della cannabis è la maggiore coltivazione per fatturato in america. E' stimato un raccolto dal valore stimato attorno ai 35.8 miliardi di dollari all' anno e il valore da strada è addirittura superiore. Nella sola california il valore stimato del raccolto di cannabis si aggira attorno a 1,5 miliardi di dollari. Alla luce di questi dati sembrerebbe che neppure il tempo dia ragione alla causa proibizionista. L' articolo fu pubblidato sulla rivista britannica The Indipendent, sulla stampa italiana non ne fu rilevata traccia.
Probabilmente, come si propagandò negli ultimi anni del proibizionismo sull' alcol, i metodi utilizzati sono troppo leggeri. Nonostante gli sforzi impiegati e la politica di zero tollerance gli stati uniti dovetero tornare a legalizzare l' alcol. Ci sono nazioni che impiegano metodi ancora più duri degli stati uniti degli anni '30 per ridurre la diffusione dell' uso di stupefacenti?
In medio oriente e asia le politiche di contrasto sugli stupefacenti sono le più dure applicate e tra le pene inflitte per il traffico di droga risulta la pena di morte. Nonostante le numerose esecuzioni in Iran, arabia saudita e cina, la droga circola e la cina non ha mai smesso di essere produttore di oppio dalla fine del 17esimo secolo.
Alla luce delle evidenze storiche, i motivi che realmente giustificano la proibizione sulle droghe , sembrano sempre essere altri rispetto alla reale efficacia di queste politiche nel contrasto della diffusione dell' uso di stupefacenti illegali.
Questi esempi nazionali di proibizione, potrebbero dunque essere fallimentari per il mancato coordinamento sovranazionale di una politica volta al contrasto della diffusione delle droghe a livello planetario. Eppure non è così.
Nel 1961 il portavoce della guerra alla cannbis negli stati uniti, Harry J. Anslinger, come rappresentante americano della commisione ONU sulle sostanze stupefacenti impose il proibizionismo sugli attuali stupefacenti illegali a livello globale. Negli stati uniti, il risultato, a 40 anni di distanza, è stato l' aumento della produzione e del valore del raccolto di cannabis. Il traffico di cannabis è stimato essere il 60% del valore della produzione del narco traffico messicano, il cui mercato di sbocco principale, sono diventati gli stati uniti d' america. Il messico è diventato il principale crocevia del traffico di cocaina dal sud america al nord america.
Sempre parlando di politiche internazionali per contrastare la diffusione di stupefacenti, nel 1998, a new york, si celebrò la sessione speciale sulle droghe dell' assemblea generale dell Onu, per valutare l' impatto delle politiche di lotta agli stupefacenti in vigore dal 1961. In quell' occasione il governo statunitense era riuscito ad imporre la propria volontà di prolungare la guerra mondiale alla droga per altri 10 anni, con l' esplicito obbiettivo di “eliminare o ridurre sensibilmente produzione, commercio e traffico di sostanze psicotrope nel mondo”. La verifica decennale fu rimandata di un anno, dal 2008 al 2009. Infatti, a ben guardare le statistiche e le cifre dei report annuali sulla produzione e diffusione del consumo di droga, risultò lampante il totale fallimento di questa strategia. Per citare alcuni dei risultati (a dire il vero non proprio positivi) della posizione delle nazioni unite, basti prendere in considerazione, l' esempio forse più significativo di come la militarizzazione di uno stato abbia non solo non impedito l' aumento della prodizione di stiupefacenti, ma la abbia addirittura incrementata.
La guerra in Afghanistan contro i “terroristi” talebani, la cui maggiore fonte di finanziamento per l' attività terroristica risulta essere proprio il traffico di droga, è stata l' emblema del fallimento della repressione militare della diffusione dell' oppio nel mondo. A seguito della occupazione militare, la produzione di oppio ha registrato picchi nella produzione del papavero.
In un rapporto dalla Giunta internazionale per il controllo degli stupefacenti (INCB) del 2006 è stato stimato che nell'anno 2005 la produzione illegale di oppio in Afghanistan abbia superato le 6.100 tonnellate - un incremento del 50% rispetto al 2005. La totalità del raccolto è impiegata nella produzione di eroina pari al 93% delle produzione mondiale per un totale stimato intorno a 2,7 miliardi di dollari per il solo 2006.
L’Ufficio per le droghe e il crimine delle Nazioni unite (UNODC) di Vienna, riporta che nel 2006, in Afghanistan, la superficie, dedicata alla coltura illecita del papavero ha raggiunto la superficie record di 165.000 ettari, registrando un incremento del 59% rispetto al 2005 e un aumento maggiore del doppio di quanto registrato nel 2003. Le autorità afgane riportano che le aree in cui le colture illecite di papavero sono state eradicate dai governatori locali, pari a 5000 ettari nel 2005, è triplicata per il 2006 (15.300) e che questa rappresenta poco meno del 10% della superficie totale dedicata alla produzione dell’oppio. Il giro d’affari mondiale generato dall’eroina afgana viene stimato tra i 400 e i 500 miliardi di dollari mentre è impossibile quantificare quale sia l’ammontare che interessa attività di riciclaggio di danaro che le Nazioni unite stesse ritengono interessare tra il 3 e il 5% del commercio globale (tra i 590 e i 1500 miliardi di dollari).
Nel 2007 i dati non furono migliori; la produzione di oppio in Afghanistan crebbe in un anno del 34% arrivando a 8.200 tonnellate. Lo rivela un rapporto dell'Ufficio Onu contro la droga e il crimine (Unodc) che definisce "spaventosi" i livelli raggiunti. Il rapporto evidenzia come l'estensione delle piantagioni sia cresciuta dal 2006 al 2007 del 17%, pari a 193.000 ettari, rispetto ai 165.000 del anno precendete con una produzione media di 42,5 kg per ettaro nel 2007, contro i 37 kg del 2006.
"L'Afghanistan può praticamente considerarsi l'esclusivo fornitore mondiale di oppio: oggi la sua produzione copre il 96% del mercato mondiale degli oppiacei" - commentò Antonio Maria Costa, Direttore dell'Unodc sottolineando che "escludendo la Cina nel XIX secolo, nessun altro paese ha mai prodotto narcotici a un tale livello". Dall' occupazione militare, l' afghanistan ha consolidato la propria leadership nella produzione mondiale di oppio.
I danni della strategia dell ONU non si sono così dispiegati solo in campo sociale (attraverso il mancato raggiungimento degli obbiettivi posti e dai danni causati dalla guerra), ma anche in campo ambientale. Tornando in sud america, l' impiego dell' esercito finalizzato alla eradicazione delle piantagioni di coca attraverso l' uso di diserbanti chimici, ha minato la flora e la fauna delle zone agricole degli altipiani colombiani, le zone agricole e con esse lo sviluppo economico e sociale di quelle zone senza scalfire minimamente il traffico e la produzine di piante da coca. I narcotrafficanti per garantirsi il proseguimento delle loro attività hanno semplicemente spostato le piantagioni dalla colombia alle nazioni confinanti, come la bolivia e il venezuela.
Secondo i dati riportati dal dipartimento della pubblica sicurezza – direzione centrale per i servizi antidroga del ministero dell' interno, nel 2004, l' area globale coltivata a coca in colombia perù e bolivia è aumentata del 3% passando a 158000 ettari dai 153.800 del 2003. La produzione era stata valutata in 687 tonnellate per il 2004 rispetto alle 674 tonnellate del 2003. Il rapporto cita che i progressi conseguiti, a partire dal 1995 sotto pressione degli stati uniti, dalla attività di eradicazione effettuata da parte delle forze governative nella regione andina nell' arginare le coltivazioni di piante di coca non sembrano avere avuto un impatto significativo sulla disponibilità della cocaina a livello globale. Se nel 2004 la superficie coltivata in colombia ha subito un calo del 7% e la produzione di cocaina colombiana e scesa dell' 11%, Si è assistito ad un aumento dei terreni coltivati in bolivia pari all' 8% e la produzione di cocaina e cresciuta del 35% tra il 2003 e il 2004. In perùL' area coltivata a coca è aumentata del 14% dal 2003 al 2004, pasando da 44.200 ettari a 50300; la produzione di coca è aumentata del 23% passando da 155 tonnelate nel 2003 a 190 nel 2004. E' utile affermare che secondo i dati UNDOC datati 2006 se nel 1994 in perù si coltivavano 435 tonnellate di coca, in colombia 201 e in bolivia 255, a distanza di 10 anni a fronte di una diminuzionedella produzione in perù e bolivia, rispettivamente 190 tonnellate e 107 tonnellate, è aumentato significativamente la produzione in colombia a 390 tonnellate, zona maggiormente colpita dalle politiche di eradicazione.
Questi numeri però sembrerebbero nascondere i dati reali sul traffico di cocaina. Questa è la denuncia della associazione italiana antimafia Libera. Spiega, l'associazione italiana,che l' undoc stimò per il 2004 una produzione di 649 tonnellate di cocaina. Secondo i dati raccolti dalle forze di polizia e militari impegnate in colombia contro la produzione di stupefacenti in un solo mese furono scoperti
311 laboratori di raffinazione; per 152 di essi le autorità hanno stimato una produzione complessiva di 600 tonnellate, mentre per le altre non hanno formulato una stima, ma, sottolinea Libera, a voler fare una valutazione decisamente riduttiva, si puó parlare di almeno di altre 200 tonnellate. Insomma, conclude l'organizzazione, la sproporzione tra i numeri forniti dalle Nazioni unite e quelli stimati dalle forze di polizia è estremamente evidente.
Redatto nel dicembre 2005, il rapporto “plan Colombia-elements for success" redatto da una commissione di indagine del senato usa, ammetteva la probabilità che le cose non fossero poi andate così bene. La relazione affermava che "La mancanza di prove evidenti nei progressi documentati nella guerra contro la droga e nella neutralizzazione dei paramilitari è sconcertanti", afferma il report, spiegando che "nel 2005 le eradicazioni hanno raggiunto i 196.000 ettari. Ció nonostante la cocaina sequestrata nel 2004 è quasi triplicata e si prevede che sarà ancora maggiore nel 2005. Nel frattempo la Colombia continua a fornire il 90% della cocaina che giunge negli Stati Uniti". Tra i firmatari della relazione è utile notare le firme del ex candidato alla presidenza democratico John Kerry e dall'appena insediato presidente degli Stati Uniti, Barack Obama.

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