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domenica 4 dicembre 2011

Storia economica di un fallimento premeditato: il proibizionismo. Prefazione

Prefazione

Le politiche sugli stupefacenti sono un interessante argomento di discussione che nel mondo occidentale è fonte di dibattito aperto, sul quale, però, manca una giusta informazione da parte dei mezzi di comunicazione, specialmente in Italia.
La "droga" è infatti un tema caldo per la stampa, perché facile argomento di cronaca; i casi di delinquenza o corruzione attraggono il "pubblico" per il forte impatto emotivo che questi casi generano. I giornali, pur di vendere, puntano sull' emotività delle notizie, piuttosto che rendere giusta informazione sul tema. Questo è causa, in Italia, prima di tutto di una mancata legislazione atta a prevenire la diffusione delle sostanze illegali; in secondo luogo, del fallimento delle politiche sulle tossicodipendenze.
La politica, adottando un taglio emotivo-giornalistico nella trattazione del tema stupefacenti e tossicodipendenza, è più propensa a cercare il facile consenso, piuttosto che trattare l' argomento in maniera matura e responsabile. In Italia non si parla delle politiche estere sul tema, si evita accuratamente il confronto delle esperienze tra nazioni, si tacciono le evidenze medico-scientifiche e i pareri provenienti dalle più diverse scienze sociali, tra cui, per esempio, l' economia.
Il problema dietro la mancanza di un dibattito sulla legalizzazione di tutti o anche solo di alcuni stupefacenti illegali, in Italia è di natura politica ed economica.
La natura politica dietro il tabù della parola “legalizzazione” è dato dal serbatoio di voti che la malavita rappresenta. Se la maggior fonte di finanziamento dei più grossi elettori nel mezzogiorno è dato dal traffico di stupefacenti, si può loro togliere il lavoro dal quale oltretutto non pagano le tasse? C' è un altra motivazione politica dietro questo tabù, che è data dalla facilità della trasmissione del messaggio, al nord opulento, ma ignorante, del "dico no alla droga". Un messaggio facile da trasmettere, ma ,alla luce dei fatti, inefficace, inefficente e dispendioso.
La politica in Italia punta, ormai da quarant' anni, sul messaggio semplicistico del "no alla droga". Quello che i giornali non riportano è che questo modo di affrontare il problema può essere causa di un aumento della diffusione del fenomeno. La rivelazione sconcertante è frutto di uno studio dell'Universita' della Pennsylvania commissionata dal Nida (l'istituto nazionale Usa che si occupa di droga). E' stata effettuata la valutazione di una campagna di prevenzione organizzata dal governo Usa a colpi di spot tv,per prevenire il consumo di marijuana. Lanciata nel 1998 è ancora in corso. Il risultato non e' stato all'altezza delle aspettative: secondo lo studio di valutazione, dopo cinque anni dall'inizio, la campagna ha evidenziato effetti boomerang sulle persone a cui era rivolta. Chi aveva visto piu' spot, infatti, mostrava un livello più basso di risultati: molti ragazzi esprimevano giudizi positivi sulla marijuana o addirittura avevano cominciato a consumarla. Questo è uno dei risultati del "no alla droga".
Oltre la natura politica, è presente un forte il risvolto economico dietro la “guerra alla droga de no antri”; si mischiano populismo, interessi e connivenze con la malavita del mezzogiorno alle spalle del assenza del diritto a drogarsi. Se la prima fonte di finanziamento della malavita è la droga, i primi soldi che arrivano a corrompere la politica vengono proprio dal traffico di sostanze illegali.
Per la politica è così due volte controproducente parlare di legalizzare la cannabis: porta via voti al nord per ragioni ideologiche e al sud per ragioni economiche (da lavoro e alimenta i circuiti criminali che risultano essere la prima industria del paese Italia). Da qui deriva un urgente esigenza di trattare il tema della legalizzazione degli stupefacenti scevra di tabù, per salvare l' Italia ancora sana e per recuperare l' Italia malata.
Se la politica è corrotta dal flusso di denaro che gli stupefacenti mettono in circolazione, i mezzi di informazione sono corresponsabili della mancata divulgazione di pareri scientifici non conformi alla propaganda proibizionista. Per esempio si tace uno studio, commissionato dal parlamento Britannico, sulla pericolosità degli stupefacenti in seguito all' istituzione di una commissione governativa ad hoc. I risultati della ricerca sono stati riportati sul Times; in Italia questa notizia non è trapelata. La commissione governativa ha presentato una classificazione delle venti sostanze "socialmente piu' pericolose" in cui alcolici e tabacco figurano rispettivamente al quinto e al nono posto. Nella graduatoria, l'alcool è preceduto solo da cocaina, eroina, barbiturici e metadone, e anche il tabacco risulta più pericoloso di cannabis, Lsd ed Ecstasy.
Se l' impatto del "no alla droga" è fallimentare, le evidenze scientifiche trascurate, anche l' economia, ha un parere in merito alla efficacia delle attuali politiche di proibizione delle droghe. L' ultimo appello, mai trattato in Italia dalla stampa, nè tanto meno dalla politica, esperesso dal premio Nobel per l' economia Gary Backer, riguarda il giudizio lapidale sul fallimento della guerra alla droga, che nessuno ha il coraggio di ammettere. La posizione è semplice: la guerra alla droga costa, tanto; c'è un modo più efficace per ridurne il consumo? La posizione del Nobel è la legalizzazione e conseguente tassazione. Interessante da notare che questo non è il punto di vista isolato di un solo economista. E' infatti uno tra i cinquecento economisti firmatari di un appello lanciato nel 2005 da un altro premio Nobel all' economia, Milton Friedman. Se l'attuale politica sugli stupefacenti ha fallito, non sarebbe il caso di cambiare rotta ed ascoltare il parere di esperti?
Questo libro vorrebbe rendere, al lettore curioso, le informazioni per guardare al tema tossicodipendenza attraverso la lente di ingrandimento delle notizie “censurate” dalla politica propagandista proibizionista; con questo libro vorrei potere aiutare le persone a scavalcare i pregiudizi delle bugie che sono state raccontate dall' inizio della cosiddetta “war on drugs”.
Nell' era post ”1984” dove il “grande fratello” ha preso forma e l' informazione, come nel libro di George Orwell, viene sistematicamente sabotata per cancellare la memoria storica al fine di controllare un presente instabile e frammentato, questo libro vorrebbe rappresentare il brain storming rivoluzionario della memoria collettiva cancellata.
La “war on drugs” è diventata, in Occidente la migliore incarnazione delle politiche propagandistiche naziste tedesche sotto il terzo Reich. A fondamento di questa tesi mi piace ricordare alcuni aforismi del ministro della propaganda nazista Joseph Goebbels, applicati con minuziosa sistematicità nella guerra alla droga che daranno il titolo ad alcuni capitoli del libro.
Un ruolo fondamentale, nel contrasto della diffusione degli stupefacenti, lo gioca la corretta e affidabile informazione, non gli ideologismi o i pregiudizi dei quali la politica spesso si fa portavoce per un mero ritorno economico-elettorale.
Augurandomi di avere attratto, se non la completa attenzione del lettore, almeno la curiosità che lo possa portare alla lettura completa del libro, tratterò l' argomento spaziando tra diversi campi di indagine, di modo che la trattazione del tema delle politiche sugli stupefacenti possa riguardare i più diversi aspetti della vita di ogni cittadino.

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