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domenica 13 dicembre 2015

Cannabis terapeutica: un decreto tra divieti e proteste

Il decreto del ministero della Salute per regolare la coltivazione, la lavorazione e l’uso terapeutico della cannabis, dopo l’approvazione della Conferenza Stato-Regioni è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale ed entrerà ufficialmente in vigore a partire dal 15 dicembre. Come già detto è un decreto necessario, perché previsto dalla Convenzione sugli stupefacenti del 1961. Quello che invece non è stato detto è che si tratta di un decreto che, invece che favorire e aiutare malati e professionisti del settore sanitario verso una normalizzazione della cannabis in medicina, fa dei giganti passi indietro sia rispetto alle battaglie portate avanti da malati, associazioni e medici, sia rispetto alla prassi attuale nella quale i malati, pur tra mille difficoltà, riuscivano ad ottenere il tanto agognato farmaco e ad alleviare o curare le patologie che li affliggono.

I primi rilievi, nel merito del decreto, erano stati fatti dall’Associazione Cannabis Terapeutica (ACT) insieme alla Società Italiana di Ricerca sulla Cannabis (SIRCA). In una lettera mandata ai ministeri coinvolti nella sperimentazione e, tra gli altri, alla Federazione degli Ordini dei medici, avevano sollevato una serie di criticità che secondo loro sarebbero state “gravemente pregiudiziali all’avvio di una seria applicazione del progetto”. Il decreto proibisce innanzitutto l’uso degli estratti come l’olio e le resine, che permettono la comoda somministrazione in gocce, come qualsiasi altro farmaco. Obbligano le farmacie galeniche a fare esami che comportano l’acquisto di macchinari da centinaia di migliaia di euro come se le farmacie non fossero una garanzia per i pazienti. Sono escluse diverse patologie (epilessia resistente alle altre terapie, il Parkinson, l’Alzheimer), nonostante gli studi scientifici a riguardo e la pratica medica in altri Paesi, ed ad ogni modo rimane l’autorizzazione alla prescrizione per qualsiasi patologia solo dopo la dimostrazione del fallimento delle terapie tradizionali. Infine risulta vietato guidare per almeno 24 ore dopo l’ultima assunzione quando nemmeno con la morfina è previsto una tale proibizione scritta nero su bianco.

Simile la posizione di farmagalenica.it, dove il dottor Marco Ternelli spiega che “si rende (quasi) impossibile preparare in Farmacia estratti di cannabis a base oleosa, alcolica o altro, mentre non ci sono problemi per il paziente a realizzarli a casa. Attenzione: l’olio o altri estratti di cannabis NON sono stati tolti dal commercio e possono essere comunque prescritti dal Medico: è “solo” più difficile trovare una farmacia in grado di prepararli. E che in qualche modo, si riconosce che il lavoro del Farmacista galenista NON è fonte affidabile per la realizzazione di un farmaco ovvero che un paziente non Farmacista ha più capacità di un Farmacista laureato”.

Infine, problema non da poco, i Radicali hanno denunciato come il decreto comporti la nascita di un monopolio per la produzione di cannabis, in contrasto con la Costituzione.


Insomma, si pensava che con l’avvio della produzione sperimentale di cannabis a Firenze, il decreto potesse essere l’occasione per fare in modo che il nostro Paese diventasse leader nella ricerca e nella somministrazione di farmaci a base di cannabis, dando l’esempio a tutta l’Europa. Purtroppo non solo non è stato così, ma a leggere il decreto sembra che la volontà sia quella di azzerare i risultati ottenuti duramente da pazienti e medici che si confrontato ogni giorno con la burocrazia e la superficialità italiane. Insomma, come spesso accade in Italia, fatta una legge (in questo caso un decreto), bisogna ragionare su come cambiarla.

Anche l’associazione LapianTiamo fa sentire la sua voce spiegando che “Nelle comunicazioni intercorse con i ministeri siamo stati ogni volta rassicurati e rimandati a tavoli di discussione mai organizzati presso i quali sarebbero dovute intervenire anche altre associazioni che come noi, ne avevano fatto richiesta con l’intenzione di parteciparvi argomentando sui vari aspetti di un decreto che stava per essere stilato per meglio consentire l’accesso ai farmaci cannabinoidi su tutto il territorio nazionale.

Il Manifesto ricorda invece come i decreti siano uno strumento normativo più fragile di una legge spiegando che: “Le possibili azioni mirate a una modifica del decreto Cannabis sono molteplici: per esempio, quelle basate sulla prescrizione ‘off label’, cioè al di fuori delle indicazioni ufficialmente approvate, prassi assai frequente da parte di medici e servizi di buona volontà, di per sé legittima salvo l’accresciuta responsabilità del medico in caso di effetti avversi” tenendo presente che “l’uso medico dovesse dar luogo a sanzioni, allora l’apertura di un fronte giudiziario – magari sino alla Consulta – potrebbe portare a quelle modifiche che paiono irrinunciabili”.

Redazione cannabisterapeutica.info

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