Cambiando continente, passando dalle
americhe all' europa, il più recente caso di presunta corruzione
istituzionalizzata risulta in Montenegro. Secondo Nebojsa Medojevic,
leader del partito di opposizione in montenegro, il premier Milo
Djukanovic sarebbe al vertice di una piramide criminale che assicura
copertura al latitante Darko Saric, il narcotrafficante in fuga, dalla
fine di gennaio scorso, da un mandato di cattura internazionale spiccato
a suo carico da Belgrado. Saric è ritenuto il cervello di un potente
traffico internazionale di stupefacenti dal sud america all' europa:
sulle tracce del narcotrafficante sono finiti gli inquirenti di mezzo
mondo a seguito di un sequestro di 2 tonnellate di cocaina effettuato
nel ottobre 2009 in un porto uruguaiano nell' ambito di una operazione
denominata “Guerriero balcanico”. Medojevic dichiara di avere
documentazione di pressioni esercitate dal premier montenegrino sui
procuratori affinchè venissero ignorate le informazioni sul conto del
sospetto narcotrafficante. Anche secondo l' antimafia serba, sembrerebbe
palusibile che Saric si stia nascondendo entro i confini del
montenegro.
Sempre sulle sponde più antiche dell'
atlantico, per la precisione in Turchia, anche un nipote del premier
turco Recep Tayyip Erdogan è stato arrestato per traffico di droga.Il
figlio del fratello minore del premier turco sarebbe stato arrestato in
seguito al sequestro, nell' ambito dell' operazione, di circa 50 kg di
hashish.
Quanto più
è
spietata la lotta alla droga da parte della politica tanto più sono
serie le minacce da parte dei narcotrafficanti qualora non riescano ad
infiltrarsi nei gangli dell' amministrazione sociale. Così accade che in
serbia Il presidente Boris Tadic, il ministro degli interni Ivica Dacic
e altri massimi esponenti statali ricevono continue e serie minacce di
morte da parte della criminalità organizzata.
Se in serbia ci si limita alle minacce,
in Messico, dove non arriva la corruzione, arrivano le bande armate dei
cartelli della droga. Se Ciudad Juarez è la città più pericolosa del
messico, con la non incoraggiante statistica di 101 omicidi ogni 100mila
abitanti, negli ultimi 3 anni, gli omicidi legati al narcotraffico in
messico risultano più di 17000, ossia una media di 15 morti al giorno,
mentre sono calcolate in oltre 40000 le vittime della violenza fra
cartelli e forze dell' ordine da quando il presidente Felipe Calderon ha
dichiarato la guerra alla droga in messico attraverso il dispiegamento
di forze militari. L' agenzia di pubblica sicurezza del messico accusa
la strategia antidroga degli stati uniti; i “danni imprevisti” da parte
degli Stati Uniti, in Messico, riguardano il terrorismo che i cartelli
della droga attuano per mettere in ginocchio le autorità locali e
costringerle a scendere a patti. Spesso riuscendoci. Un esempio a
riguardo è rappresentato dal maxi arresto di 124 poliziotti nello stato
di Hidalgo per presunti legami con una banda criminale con l' accusa di
avere dato protezione all' organizzazione e informato i suoi membri in
cambio di denaro, di avere partecipato a sequestri estorsioni ed
esecuzioni di affiliati di altre organizzazioni criminali nemiche.
Altra dimostrazione del potere di
influenza del narcotraffico è data dalla rivista Forbes che, nel 2009,
nella classifica «World's Most Powerful People» ha piazzato al 41 esimo
posto il boss della droga messicano Joaquin Guzman.
Il potere che scaturisce dal traffico di
droga può, però, essere sfruttato non solo dalle organizzazioni
criminali. Risulta così inquietante che venga richiesta la condanna a 27
anni di carcere, formulata nei confronti del comandante dei ROS,
imputato a Milano per associazione a delinquere finalizzata al traffico
di stupefacenti, peculato e falso. Secondo quanto ricostruito dall'
accusa, il Comandante e gli altri imputati nel processo «creavano
traffici di droga al fine di reprimerli usando le conoscenze
investigative e strumentalizzando le risorse dell'Arma, inducendo i
trafficanti a importare droga». Il comandante assieme ad un agente del
SISDE rispondono tra l' altro di avere importato in Italia a bordo
della motonave Bisanzio, salpata da Beirut e approdata a Ravenna il 9
dicembre 1993, "119 kalashnikov, 2 lanciamissili, 4 missili e
munizioni", destinati alla malavita organizzata e venduti in cambio di
soldi. Secondo gli inquirenti molti miliardi di lire sarebbero finiti
nelle casse dei narcos colombiani e libanesi ai quali il nucleo dei Ros
si rivolgeva per ordinare la droga da far arrivare ai trafficanti di
fiducia in vista di operazioni presentate come blitz importanti contro
la criminalità organizzata. Blitz che finivano con l'arresto di
personaggi minori e il recupero solo di piccole quantità di droga.
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