Alla luce di
questi esempi è lecito domandarsi se la proibizione sia stata effettuata
nella “maniera sbagliata”, per non escludere che effettivamente
proibire sia la soluzione migliore per affrontare determinate sfide. La
storia è piena di altri casi di proibizione e forse l' indagine
cronologica di altri esempi, può essere utile ad individuare modelli di
proibizione efficaci nella riduzione di comportamenti socialmente
sconvenienti.
Da quando il
proibizionismo sull' alcol è terminato, si è aperta l' era del
proibizionismo moderno, la guerra totale alla “droga”, sancita
ufficialmente dal presidente americano Richard Nixon nel 1971, quando
dichiarò l' abuso di droga il “nemico pubblico n1 dell' america”.
L' era del
proibizionismo moderno si è aperta con l' approvazione, nel 1937, del
marijuana tax act, negli stati uniti d' america. Nel frattempo, sull'
altra sponda dell' Oceano atlantico, ascendeva al potere il partito
nazional socialista Hitleriano. Come Hitler ebbe in Goebbels il ministro
della propoaganda dell' ideologia nazional socialista, così negli Stati
Uniti, il proibizionismo trovò in Harry Jacob Anslinger il portavoce di
questa nuova ideologia che avrebbe dovuto incrementare le entrate dell'
ufficio del “ neo ministro della propaganda proibizionista”, preposto
al controllo delle sostanze illecite.
Fino al 1937, la
canapa era conosciuta come tale. Era un materiale dai più diversi
impieghi industriali; l' utilizzo della canapa poteva essere impiegato
nell' industria tessile, quanto editoriale, cosmetica e farmaceutica,
non ultima come fonte di energia alternativa al petrolio. La Ford,
costruì una macchina interamente in canapa ad alimentazione di
combustibile vegetale prodotto dalla canapa. La cannabis era ampliamente
utilizzata in medicina contro nausea, vomito, anoressia, cachessia,
disordini del movimento, asma.
Come l' oppio fu
proibito per motivi di ordine economico e sociale in cina, così come l'
alcol venne bandito per un richiamo alla morigeratezza dei costumi, così
fu proibita la canapa per motivi industriali. La nascente industria
petrol chimica vedeva nella canapa il maggior concorrente nella corsa al
profitto. Dal petrolio era possibile sintetizzare diverse forme di
molecole brevettabili e dai più disparati impieghi. Si veda il Nylon nel
tessile, il petrolato ( o più comunemente chiamato vaselina) per la
produzione di cosmetici o impiegato nell' industria farmaceutica per la
produzione di pomate. Gli scarti della produzione del petrolio potevano
essere impiegati in un numero così vasto di settori ed essere
brevettabili dallo scopritore , che non vi era ragione economica per
lasciare che una pianta potesse rovinare i piani industriali e l' ascesa
economica dell' industria petrolifera. A proposito di ciò si
attribuisce al magnate dell' industra Rockfeller una curiosa e ambigua
citazione: "perchè violentare la natura tagliando la canapa, c'è il
petrolio".
La cannabis è
ormai vietata negli stati uniti d' america dal 1936. Sono passati 74
anni. Se le “brevi esperienze” cinese per l' oppio e americana sull'
alcol non avessero potuto dimostrare la loro efficacia solo perchè
impiegate per troppo tempo, il proibizionismo sulla canapa, se efficace
nel diminuire l' utilizzo dello stupefacente illegale, potrebbe
confermare la tesi che la proibizione può ridurre il consumo e la
diffusione di stupefacenti.
Al tempo
dell'introduzione della proibizione dell' uso “ludico” della cannabis,
nel 1936, questa sostanza era un fenomeno marginale che toccava
solamente ispanici e popolazione di colore. Quale è la situazione oggi?
Secondo un report , del 2006, effettuato da DrugScience.org, la
coltivazione della cannabis è la maggiore coltivazione per fatturato in
america. E' stimato un raccolto dal valore stimato attorno ai 35.8
miliardi di dollari all' anno e il valore da strada è addirittura
superiore. Nella sola california il valore stimato del raccolto di
cannabis si aggira attorno a 1,5 miliardi di dollari. Alla luce di
questi dati sembrerebbe che neppure il tempo dia ragione alla causa
proibizionista. L' articolo fu pubblidato sulla rivista britannica The
Indipendent, sulla stampa italiana non ne fu rilevata traccia.
Probabilmente,
come si propagandò negli ultimi anni del proibizionismo sull' alcol, i
metodi utilizzati sono troppo leggeri. Nonostante gli sforzi impiegati e
la politica di zero tollerance gli stati uniti dovetero tornare a
legalizzare l' alcol. Ci sono nazioni che impiegano metodi ancora più
duri degli stati uniti degli anni '30 per ridurre la diffusione dell'
uso di stupefacenti?
In medio oriente e
asia le politiche di contrasto sugli stupefacenti sono le più dure
applicate e tra le pene inflitte per il traffico di droga risulta la
pena di morte. Nonostante le numerose esecuzioni in Iran, arabia saudita
e cina, la droga circola e la cina non ha mai smesso di essere
produttore di oppio dalla fine del 17esimo secolo.
Alla luce delle
evidenze storiche, i motivi che realmente giustificano la proibizione
sulle droghe , sembrano sempre essere altri rispetto alla reale
efficacia di queste politiche nel contrasto della diffusione dell' uso
di stupefacenti illegali.
Questi esempi
nazionali di proibizione, potrebbero dunque essere fallimentari per il
mancato coordinamento sovranazionale di una politica volta al contrasto
della diffusione delle droghe a livello planetario. Eppure non è così.
Nel 1961 il
portavoce della guerra alla cannbis negli stati uniti, Harry J.
Anslinger, come rappresentante americano della commisione ONU sulle
sostanze stupefacenti impose il proibizionismo sugli attuali
stupefacenti illegali a livello globale. Negli stati uniti, il
risultato, a 40 anni di distanza, è stato l' aumento della produzione e
del valore del raccolto di cannabis. Il traffico di cannabis è stimato
essere il 60% del valore della produzione del narco traffico messicano,
il cui mercato di sbocco principale, sono diventati gli stati uniti d'
america. Il messico è diventato il principale crocevia del traffico di
cocaina dal sud america al nord america.
Sempre parlando di
politiche internazionali per contrastare la diffusione di stupefacenti,
nel 1998, a new york, si celebrò la sessione speciale sulle droghe
dell' assemblea generale dell Onu, per valutare l' impatto delle
politiche di lotta agli stupefacenti in vigore dal 1961. In quell'
occasione il governo statunitense era riuscito ad imporre la propria
volontà di prolungare la guerra mondiale alla droga per altri 10 anni,
con l' esplicito obbiettivo di “eliminare o ridurre sensibilmente
produzione, commercio e traffico di sostanze psicotrope nel mondo”. La
verifica decennale fu rimandata di un anno, dal 2008 al 2009. Infatti, a
ben guardare le statistiche e le cifre dei report annuali sulla
produzione e diffusione del consumo di droga, risultò lampante il totale
fallimento di questa strategia. Per citare alcuni dei risultati (a dire
il vero non proprio positivi) della posizione delle nazioni unite,
basti prendere in considerazione, l' esempio forse più significativo di
come la militarizzazione di uno stato abbia non solo non impedito l'
aumento della prodizione di stiupefacenti, ma la abbia addirittura
incrementata.
La guerra in
Afghanistan contro i “terroristi” talebani, la cui maggiore fonte di
finanziamento per l' attività terroristica risulta essere proprio il
traffico di droga, è stata l' emblema del fallimento della repressione
militare della diffusione dell' oppio nel mondo. A seguito della
occupazione militare, la produzione di oppio ha registrato picchi nella
produzione del papavero.
In un rapporto dalla
Giunta internazionale per il controllo degli stupefacenti (INCB) del
2006 è stato stimato che nell'anno 2005 la produzione illegale di oppio
in Afghanistan abbia superato le 6.100 tonnellate - un incremento del
50% rispetto al 2005. La totalità del raccolto è impiegata nella
produzione di eroina pari al 93% delle produzione mondiale per un totale
stimato intorno a 2,7 miliardi di dollari per il solo 2006.
Nel
2007 i dati non furono migliori; la produzione di oppio in Afghanistan
crebbe in un anno del 34% arrivando a 8.200 tonnellate. Lo rivela un
rapporto dell'Ufficio Onu contro la droga e il crimine (Unodc) che
definisce "spaventosi" i livelli raggiunti. Il rapporto evidenzia come
l'estensione delle piantagioni sia cresciuta dal 2006 al 2007 del 17%,
pari a 193.000 ettari, rispetto ai 165.000 del anno precendete con una
produzione media di 42,5 kg per ettaro nel 2007, contro i 37 kg del
2006.
"L'Afghanistan
può praticamente considerarsi l'esclusivo fornitore mondiale di oppio:
oggi la sua produzione copre il 96% del mercato mondiale degli oppiacei"
- commentò Antonio Maria Costa, Direttore dell'Unodc sottolineando che
"escludendo la Cina nel XIX secolo, nessun altro paese ha mai prodotto
narcotici a un tale livello". Dall' occupazione militare, l' afghanistan
ha consolidato la propria leadership nella produzione mondiale di
oppio.
I danni della
strategia dell ONU non si sono così dispiegati solo in campo sociale
(attraverso il mancato raggiungimento degli obbiettivi posti e dai danni
causati dalla guerra), ma anche in campo ambientale. Tornando in sud
america, l' impiego dell' esercito finalizzato alla eradicazione delle
piantagioni di coca attraverso l' uso di diserbanti chimici, ha minato
la flora e la fauna delle zone agricole degli altipiani colombiani, le
zone agricole e con esse lo sviluppo economico e sociale di quelle zone
senza scalfire minimamente il traffico e la produzine di piante da coca.
I narcotrafficanti per garantirsi il proseguimento delle loro attività
hanno semplicemente spostato le piantagioni dalla colombia alle nazioni
confinanti, come la bolivia e il venezuela.
Secondo i dati
riportati dal dipartimento della pubblica sicurezza – direzione centrale
per i servizi antidroga del ministero dell' interno, nel 2004, l' area
globale coltivata a coca in colombia perù e bolivia è aumentata del 3%
passando a 158000 ettari dai 153.800 del 2003. La produzione era stata
valutata in 687 tonnellate per il 2004 rispetto alle 674 tonnellate del
2003. Il rapporto cita che i progressi conseguiti, a partire dal 1995
sotto pressione degli stati uniti, dalla attività di eradicazione
effettuata da parte delle forze governative nella regione andina nell'
arginare le coltivazioni di piante di coca non sembrano avere avuto un
impatto significativo sulla disponibilità della cocaina a livello
globale. Se nel 2004 la superficie coltivata in colombia ha subito un
calo del 7% e la produzione di cocaina colombiana e scesa dell' 11%, Si
è assistito ad un aumento dei terreni coltivati in bolivia pari all' 8%
e la produzione di cocaina e cresciuta del 35% tra il 2003 e il 2004.
In perùL' area coltivata a coca è aumentata del 14% dal 2003 al 2004,
pasando da 44.200 ettari a 50300; la produzione di coca è aumentata del
23% passando da 155 tonnelate nel 2003 a 190 nel 2004. E' utile
affermare che secondo i dati UNDOC datati 2006 se nel 1994 in perù si
coltivavano 435 tonnellate di coca, in colombia 201 e in bolivia 255, a
distanza di 10 anni a fronte di una diminuzionedella produzione in perù e
bolivia, rispettivamente 190 tonnellate e 107 tonnellate, è aumentato
significativamente la produzione in colombia a 390 tonnellate, zona
maggiormente colpita dalle politiche di eradicazione.
Questi numeri però
sembrerebbero nascondere i dati reali sul traffico di cocaina. Questa è
la denuncia della associazione italiana antimafia Libera. Spiega,
l'associazione italiana,che l' undoc stimò per il 2004 una produzione di
649 tonnellate di cocaina. Secondo i dati raccolti dalle forze di
polizia e militari impegnate in colombia contro la produzione di
stupefacenti in un solo mese furono scoperti
311 laboratori di
raffinazione; per 152 di essi le autorità hanno stimato una produzione
complessiva di 600 tonnellate, mentre per le altre non hanno formulato
una stima, ma, sottolinea Libera, a voler fare una valutazione
decisamente riduttiva, si puó parlare di almeno di altre 200 tonnellate.
Insomma, conclude l'organizzazione, la sproporzione tra i numeri
forniti dalle Nazioni unite e quelli stimati dalle forze di polizia è
estremamente evidente.
Redatto nel
dicembre 2005, il rapporto “plan Colombia-elements for success" redatto
da una commissione di indagine del senato usa, ammetteva la probabilità
che le cose non fossero poi andate così bene. La relazione affermava che
"La mancanza di prove evidenti nei progressi documentati nella guerra
contro la droga e nella neutralizzazione dei paramilitari è
sconcertanti", afferma il report, spiegando che "nel 2005 le
eradicazioni hanno raggiunto i 196.000 ettari. Ció nonostante la cocaina
sequestrata nel 2004 è quasi triplicata e si prevede che sarà ancora
maggiore nel 2005. Nel frattempo la Colombia continua a fornire il 90%
della cocaina che giunge negli Stati Uniti". Tra i firmatari della
relazione è utile notare le firme del ex candidato alla presidenza
democratico John Kerry e dall'appena insediato presidente degli Stati
Uniti, Barack Obama.
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