Julio Calzada ricorda che nella sua gioventu' la gente lasciava sulla soglia di casa il denaro per il lattaio. Il “Secretario Nacional de Drogas”, la persona incaricata dalle istituzioni per la lotta al narcotraffico in Uruguay, aggiunge che era normale che le auto e le case fossero lasciate aperte. Le poche rese dei conti fino agli anni Novanta erano sistemate al massimo con un bastone, dopo lo furono con uno sparo sotto la cintura. “Negli ultimi cinque anni e' comparso il fenomeno dei sicari, che per noi e' nuovo, prima lo vedevamo solo nei film colombiani o venezuelani”, dice Calzada. La realta' e' che in questo periodo il tasso degli omicidi in Uruguay e' passato da 5 ogni 100.000 abitanti a 6,4, una percentuale molto piu' vicina ai Paesi europei che alla grande maggioranza di quelli latinoamericani. “Una cosa e' la realta' e altro e' la percezione”, dice, “la mancanza di sicurezza sara' l'argomento delle prossime elezioni”. In Uruguay, secondo le statistiche, la maggiore preoccupazione della societa' e' la sicurezza. “Noi ci paragoniamo a noi stessi, non con la Colombia o il Messico, e per gli uruguayani Montevideo si e' trasformata in 'Ciudad Gòtica (Gotham, la citta' di Batman)".
Le organizzazioni criminali dell'Uruguay non assomigliano in niente ai Cartelli del Messico o le 'bacrim' (bande criminali) della Colombia. Sono famiglie che si dedicavano al contrabbando e sono ora passate ad un business piu' redditizio, ma non al livello economico, con la capacita' di infiltrazione nelle istituzioni e l'armamento degli altri posti. “Abbiamo notato che l'aumento della violenza e' piu' associato al narcotraffico e non necessariamente al consumo. Per cui ci siamo domandati: quali sono le caratteristiche della marijuana? E' la marijuana una sostanza con danni simili a quelli dell'alcool? Perche', se abbiamo un mercato regolamentato, non e' cosi' anche per l'altro?”.
“Cosi' e' per il nostro Paese. E cio' non puo' essere applicato ad altri come il Guatemala”.
Il modello olandese, con le sue dovute differenze, e' stato un riferimento per elaborare il progetto di legge. “Il concetto e' che per ogni consumatore che riusciamo a portare in un sistema legale, e' un consumatore che leviamo ai narcotrafficanti, e questi ultimi li rendiamo piu' deboli in un punto. Il presidente José Mujica e' convinto che questo business della droga non puo' essere vinto con la repressione”. E' opinione diffusa che se su questo si sono avuti consensi negli ultimi anni -dice Calzada- cio' e' stato possibile grazie all'iniziativa dell'Uruguay che si e' trasformato nel primo Paese latinoamericano che rompe con il paradigma proibizionista. “E' certo che nessun presidente non ha fatto nulla. Pero' oggi Santos (presidente della Colombia), che e' stato ministro della Difesa, o il generale Oscar Naranjo, che ha lottato contro i grandi cartelli della Colombia, ci stanno pensando”.
L'obiettivo del governo di Mujica e' separare il mercato della marijuana -22 tonnellate se ne consumano ogni anno nel Paese-, della pasta base e di altri tipi di droghe. Con questo si levera' al narcotraffico un 80% del guadagno.
La legalizzazione potra' in futuro essere estesa ad altre droghe? “Oggi, nel mondo, non e' all'ordine del giorno. Si parla di legalizzare il consumo della marijuana e noi lo abbiamo fatto fin dal 1974”, risponde Calzada.
Il progetto uruguayano ha sollevato grandi aspettative nei Paesi intorno. Calzada non crede in un effetto contagio. La legge rappresenta una soluzione possibile per l'Uruguay e la sua realta'. “Un Paese che ha questo Stato, che ha una legittimita' del sistema giudiziario, un Paese che risolve il 95% dei crimini che vi sono. Non crediamo che sia una realta' possibile per il Guatemala, che non risolve il 98% dei crimini, per Honduras o Venezuela”. Calzada dubita che una legge del genere, per le sue dimensione e la condizione, abbia un impatto nelle politiche mondiali. “Ma, che cosa succedera' se nel 2016 quattro o cinque Stati degli Usa avranno votato a favore per la legalizzazione di produzione e vendita di marijuana nei propri mercati? Questo si', che avra' un impatto! E' probabile che nei prossimi 20 anni guarderemo al 31 luglio del 2013 (data in cui la Camera uruguayana ha approvato la legge -ndr) come parte della preistoria”.
(articolo di José Luis Pardo e Alejandra S. Inzunza pubblicato sul quotidiano El Pais del 04/08/2013)
ADUC - Droghe - Articolo - Legalizzazione cannabis Uruguay. Il pensiero del 'Secretario Nacional de Drogas'
Le organizzazioni criminali dell'Uruguay non assomigliano in niente ai Cartelli del Messico o le 'bacrim' (bande criminali) della Colombia. Sono famiglie che si dedicavano al contrabbando e sono ora passate ad un business piu' redditizio, ma non al livello economico, con la capacita' di infiltrazione nelle istituzioni e l'armamento degli altri posti. “Abbiamo notato che l'aumento della violenza e' piu' associato al narcotraffico e non necessariamente al consumo. Per cui ci siamo domandati: quali sono le caratteristiche della marijuana? E' la marijuana una sostanza con danni simili a quelli dell'alcool? Perche', se abbiamo un mercato regolamentato, non e' cosi' anche per l'altro?”.
“Cosi' e' per il nostro Paese. E cio' non puo' essere applicato ad altri come il Guatemala”.
Il modello olandese, con le sue dovute differenze, e' stato un riferimento per elaborare il progetto di legge. “Il concetto e' che per ogni consumatore che riusciamo a portare in un sistema legale, e' un consumatore che leviamo ai narcotrafficanti, e questi ultimi li rendiamo piu' deboli in un punto. Il presidente José Mujica e' convinto che questo business della droga non puo' essere vinto con la repressione”. E' opinione diffusa che se su questo si sono avuti consensi negli ultimi anni -dice Calzada- cio' e' stato possibile grazie all'iniziativa dell'Uruguay che si e' trasformato nel primo Paese latinoamericano che rompe con il paradigma proibizionista. “E' certo che nessun presidente non ha fatto nulla. Pero' oggi Santos (presidente della Colombia), che e' stato ministro della Difesa, o il generale Oscar Naranjo, che ha lottato contro i grandi cartelli della Colombia, ci stanno pensando”.
L'obiettivo del governo di Mujica e' separare il mercato della marijuana -22 tonnellate se ne consumano ogni anno nel Paese-, della pasta base e di altri tipi di droghe. Con questo si levera' al narcotraffico un 80% del guadagno.
La legalizzazione potra' in futuro essere estesa ad altre droghe? “Oggi, nel mondo, non e' all'ordine del giorno. Si parla di legalizzare il consumo della marijuana e noi lo abbiamo fatto fin dal 1974”, risponde Calzada.
Il progetto uruguayano ha sollevato grandi aspettative nei Paesi intorno. Calzada non crede in un effetto contagio. La legge rappresenta una soluzione possibile per l'Uruguay e la sua realta'. “Un Paese che ha questo Stato, che ha una legittimita' del sistema giudiziario, un Paese che risolve il 95% dei crimini che vi sono. Non crediamo che sia una realta' possibile per il Guatemala, che non risolve il 98% dei crimini, per Honduras o Venezuela”. Calzada dubita che una legge del genere, per le sue dimensione e la condizione, abbia un impatto nelle politiche mondiali. “Ma, che cosa succedera' se nel 2016 quattro o cinque Stati degli Usa avranno votato a favore per la legalizzazione di produzione e vendita di marijuana nei propri mercati? Questo si', che avra' un impatto! E' probabile che nei prossimi 20 anni guarderemo al 31 luglio del 2013 (data in cui la Camera uruguayana ha approvato la legge -ndr) come parte della preistoria”.
(articolo di José Luis Pardo e Alejandra S. Inzunza pubblicato sul quotidiano El Pais del 04/08/2013)
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