Cannabis terapeutica, regolamentarla per colpire criminalità e creare nuove entrate fiscali
19 agosto 2010 12:17
I
soldi in Italia scarseggiano. Le amministrazioni comunali e regionali
piangono miseria per la manovra "correttiva" imposta
dall'amministrazione nazionale, così i fornitori degli enti, in diverse
zone d'Italia, lamentano ritardi nei pagamenti.
A cascata, se le imprese non ricevono i soldi per i servizi effettuati, si ritrovano in situazioni di stress finanziario che possono portare a politiche di tagli sui compensi, ritardi nell'erogazione di premi aziendali, blocco delle assunzioni, fino a condurre le imprese a tagli del personale. Così si distrugge ricchezza, le persone lamentano meno soldi e si sorvola sul fatto che solo il 40% degli Italiani quest'anno ha deciso di andare in vacanza.
In Italia, la "coperta" dei fondi a disposizione degli Italiani è stretta. Nonostante ciò i consumi di stupefacenti, non si riducono. Il mercato illegale degli stupefacenti sarebbe una formidabile fonte di liquidità, che le amministrazioni regionali potrebbero regolamentare. Ma qual è la dimensione del fenomeno? Quali gli spazi normativi? Quali risultati ci si potrebbero attendere?
Secondo il rapporto "sos impresa", redatto da Confesercenti, le organizzazioni criminali hanno fatturato, nel 2007, anno dello studio, 70 miliardi di euro; che moltiplicati per 40 anni di proibizione fanno un importo di 2.800 miliardi di euro. Un importo quasi doppio rispetto al debito pubblico italiano.
La cannabis, che è la sostanza stupefacente più diffusa e tra le meno dannose, potrebbe essere regolamentata come medicinale dalle regioni. La Puglia è un esempio virtuoso di come la regolamentazione della distribuzione di cannabis terapeutica sia un modello di controllo sugli stupefacenti applicabile anche in Italia.
Si potrebbe fare anche di più. Se infatti la legislazione internazionale dell'ONU consente la distribuzione, a scopi terapeutici, della cannabis e in varie parti del mondo si sono dimostrati efficaci diversi metodi di regolamentazione di distribuzione della sostanza, il caso pugliese dimostra la possibilità di garantire accesso al medicinale "legalmente" anche in Italia. Proprio in Italia si potrebbero seguire gli esempi di successo di regolamentazione della cannabis e stabilire un nuovo criterio di eccellenza nella distribuzione della sostanza. Sull'esempio dei "pot clubs" Californiani, perchè non regolamentare la distribuzione di cannabis terapeutica in circoli sanitari privati?
Una proposta che andrebbe nella direzione di tutelare la salute della collettività e che dovrebbe prevedere la distribuzione, sotto ricetta medica, della sostanza, esattamente come avviene nei 14 stati dell'unione nord americana. Le moderne tecnologie e infrastrutture dell'information technology, potrebbero essere utilizzate per il controllo, sotto supervisione delle strutture sanitarie pubbliche, della diffusione della sostanza solo alle persone in terapia nei circoli sanitari privati.
In questo modo si riuscirebbe a tenere sotto controllo il problema della diffusione di cannabis sotto il profilo sanitario e questo permetterebbe una più facile ricognizione di casi di abuso (attraverso il dialogo medico paziente in sede di rilascio di autorizzazione alla somministrazione) e permetterebbe un efficace e puntuale individuazione della problematica individuale e percorsi di recupero. Questo garantirebbe entrate per gli enti amministrativi, creazione di nuovi posti di lavoro e nuove infrastrutture telematiche sanitarie; ridurrebbe e separerebbe i mercati illegali degli stupefacenti e intercetterebbe proprio i consumatori della sostanza più diffusa. Si verificherebbe una chiara distinzione tra lo spaccio di sostanze e garantirebbe alle forze dell'ordine una più agevole ed efficace azione nel contrasto della diffusione di sostanze stupefacenti illegali.
Una politica volta al controllo sanitario della distribuzione della cannabis avrebbe dunque numerosi risvolti positivi che, in questo periodo di cambiamento sociale e crisi economica, renderebbe più efficace l' attività di gestione della cosa pubblica.
19 agosto 2010 12:17
A cascata, se le imprese non ricevono i soldi per i servizi effettuati, si ritrovano in situazioni di stress finanziario che possono portare a politiche di tagli sui compensi, ritardi nell'erogazione di premi aziendali, blocco delle assunzioni, fino a condurre le imprese a tagli del personale. Così si distrugge ricchezza, le persone lamentano meno soldi e si sorvola sul fatto che solo il 40% degli Italiani quest'anno ha deciso di andare in vacanza.
In Italia, la "coperta" dei fondi a disposizione degli Italiani è stretta. Nonostante ciò i consumi di stupefacenti, non si riducono. Il mercato illegale degli stupefacenti sarebbe una formidabile fonte di liquidità, che le amministrazioni regionali potrebbero regolamentare. Ma qual è la dimensione del fenomeno? Quali gli spazi normativi? Quali risultati ci si potrebbero attendere?
Secondo il rapporto "sos impresa", redatto da Confesercenti, le organizzazioni criminali hanno fatturato, nel 2007, anno dello studio, 70 miliardi di euro; che moltiplicati per 40 anni di proibizione fanno un importo di 2.800 miliardi di euro. Un importo quasi doppio rispetto al debito pubblico italiano.
La cannabis, che è la sostanza stupefacente più diffusa e tra le meno dannose, potrebbe essere regolamentata come medicinale dalle regioni. La Puglia è un esempio virtuoso di come la regolamentazione della distribuzione di cannabis terapeutica sia un modello di controllo sugli stupefacenti applicabile anche in Italia.
Si potrebbe fare anche di più. Se infatti la legislazione internazionale dell'ONU consente la distribuzione, a scopi terapeutici, della cannabis e in varie parti del mondo si sono dimostrati efficaci diversi metodi di regolamentazione di distribuzione della sostanza, il caso pugliese dimostra la possibilità di garantire accesso al medicinale "legalmente" anche in Italia. Proprio in Italia si potrebbero seguire gli esempi di successo di regolamentazione della cannabis e stabilire un nuovo criterio di eccellenza nella distribuzione della sostanza. Sull'esempio dei "pot clubs" Californiani, perchè non regolamentare la distribuzione di cannabis terapeutica in circoli sanitari privati?
Una proposta che andrebbe nella direzione di tutelare la salute della collettività e che dovrebbe prevedere la distribuzione, sotto ricetta medica, della sostanza, esattamente come avviene nei 14 stati dell'unione nord americana. Le moderne tecnologie e infrastrutture dell'information technology, potrebbero essere utilizzate per il controllo, sotto supervisione delle strutture sanitarie pubbliche, della diffusione della sostanza solo alle persone in terapia nei circoli sanitari privati.
In questo modo si riuscirebbe a tenere sotto controllo il problema della diffusione di cannabis sotto il profilo sanitario e questo permetterebbe una più facile ricognizione di casi di abuso (attraverso il dialogo medico paziente in sede di rilascio di autorizzazione alla somministrazione) e permetterebbe un efficace e puntuale individuazione della problematica individuale e percorsi di recupero. Questo garantirebbe entrate per gli enti amministrativi, creazione di nuovi posti di lavoro e nuove infrastrutture telematiche sanitarie; ridurrebbe e separerebbe i mercati illegali degli stupefacenti e intercetterebbe proprio i consumatori della sostanza più diffusa. Si verificherebbe una chiara distinzione tra lo spaccio di sostanze e garantirebbe alle forze dell'ordine una più agevole ed efficace azione nel contrasto della diffusione di sostanze stupefacenti illegali.
Una politica volta al controllo sanitario della distribuzione della cannabis avrebbe dunque numerosi risvolti positivi che, in questo periodo di cambiamento sociale e crisi economica, renderebbe più efficace l' attività di gestione della cosa pubblica.
Nessun commento:
Posta un commento