Il guerrigliero Pino Agnetti |
Egregio Direttore, parlare di cannabis, quanto è
difficile!
Pino Agnetti si espone sul delicato tema della cannabis,
ma la sua "passabile informazione" risulta più una "fondamentale
ignoranza" sul tema.
Condivido in pieno il messaggio del titolo dell'editoriale
"visto da Parma", che le sostanze stupefacenti non vadano promosse,
ma gli errori nei quali cade il buon Agnetti sono il tipico retaggio di una
cultura che, su questo tema, mai si è confrontata.
A partire dal luogo di discussione per dibattere di
droghe. Avendo assistito a diversi tentativi di solleticare il dibattito sul
tema, da ambienti raffinati come quello di circoli privati, ad assemblee
pubbliche aperte al pubblico, forse il signor Agnetti non si è mai reso conto
della resistenza (e dell'ignoranza) che colpisce molte persone sul tema.
Per esempio, cosa dire dell'suo allarmismo nei confronti
della cannabis? Paragonarla ad un kalashnikov sembrerebbe piuttosto fuori
luogo, visto e considerato che la cannabis è tra le sostanze mediche più sicure
al mondo. In più non esistono morti riconducibili all' uso di cannabis, non
solo in Italia, ma anche nel resto del mondo ...da quando esiste la razza
umana.
Curioso è invece come la "marijuana", che
"si trova sotto casa", abbia raggiunto questa diffusione proprio per
la totale assenza di controlli sulla vendita.
Ancora più curiosa, e lacunosa, è la parte riguardante i
dati statistici e i numeri dell'editoriale di Agnetti.
L'occhio critico della penna parmigiana si sofferma sul
dato dei "dipendenti" dalla cannabis, maggiore di dieci volte i
dipendenti da eroina, e questo, a parer suo, smentirebbe che la legalizzazione
delle droghe leggere comporti una riduzione dei costi sanitari.
Non essendo molto pratico di numeri, ho deciso di fare
una piccola ricerca sul web e casualmente sono incappato in un articolo
dell'Huffington Post che riporta le conclusioni del report "Ending the
Drug Wars" della London School of Economics' IDEAS center.
Il sincado Federico Pizzarotti, sotto una "nuova luce" |
Questo report di 82 pagine, evidenzia come, "il
perseguimento di una strategia globale di militarizzazione della persecuzione
dell'uso di stupefacenti ha portato ad enormi risultati negativi e danni
collaterali". Questi danni includono, "l'incarcerazione di massa
negli USA, politiche fortemente repressive in Asia, la vasta corruzione e
destabilizzazione politica in Afghanistan e nell' Africa dell'ovest, immense
violenze in America latina, un epidemia di HIV in Russia e un cronico scarso
approvvigionamento di medicine per il dolore e la propagazione sistematica di
violazione dei diritti umani". Il report è stato sostenuto da cinque premi
Nobel per l'economia; Kenneth Arrow (1972), Sir Christopher Pissarides (2010),
Thomas Schelling (2005), Vernon Smith (2002) and Oliver Williamson (2009).
Hanno firmato anche: George Shultz, segretario di stato sotto il presidente
Ronald Reagan; Nick Clegg, vice primo ministro inglese; Javier Solana, Alto
Rappresentante per la Politica Estera e di Sicurezza Comune dell'Unione
Europea.
Se sui numeri Agnetti è scarso, la sua "analisi
economica" dei consumatori di cannabis, può risultare piuttosto deviata.
Secondo Agnetti non è vero che "legalizzando le droghe leggere diminuisca
il numero di quanti si rivolgano al mercato illegale". Perchè? Perchè i
prezzi del mercato illegale sarebbero più bassi e perchè i ragazzini, che non
avrebbero accesso alle sostanze, andrebbero dal pusher sottocasa.
Peccato che tutti gli esempi di legalizzazione o
tolleranza abbiano portato esattamente al risultato di un maggiore accesso alla
cannabis per chi è legalmente riconosciuto a possederla e ad una diminuzione
della diffusione di sostanza tra i minori. Portogallo docet.
Chiunque pensi, come Agnetti, che la festa
antiproibizionista sia un "promuovere la droga spacciando il tutto come
operazione culturale legittima" e che quindi meriti azioni di riparazione
scandendo un forte "no ad ogni droga", va ricordato quanto scoperto
dall'Universita' della Pennsylvania, che ha effettuato la valutazione di una
campagna di prevenzione organizzata dal governo Usa a colpi di spot tv. Lela Jacobsohn,
la ricercatrice che ha condotto e presentato la ricerca, commissionata dal Nida
(l'istituto nazionale Usa che si occupa di droga) nell'ambito di un seminario,
organizzato a Roma dal Ministero della solidarieta' sociale, ha rilevato come
secondo lo studio di valutazione, dopo cinque anni dall'inizio della campagna
si sono registrati effetti boomerang sulle persone a cui era rivolta. Chi aveva
visto piu' spot, infatti, mostrava un livello piu' basso di risultati: molti
ragazzi esprimevano giudizi positivi sulla marijuana o addirittura avevano
cominciato a consumarla.
Perciò mi sentirei di dare un consiglio ad Agnetti se
vuole che i giovani smettano di fare uso di stupefacenti: si informi meglio e
gli slogan li lasci a Giovanardi.
E bravo Sindaco!
Nessun commento:
Posta un commento