Araceli Manjón-Cabeza, ex-magistrato ed ex “numero due” di Baltasar
Garzon nel “Plan Nacional sobre Drogas” prende posizione nel suo libro
“La solucion” per la legalizzazione di tutti i tipi di droghe.
Contro la legalizzazione di tutte le droghe si dice che i benefici che ne deriverebbero levando il business al crimine organizzato, non sarebbero maggiori rispetto ai problemi che ne deriverebbero dall'aumento dei consumi. Credo che queste affermazioni oggi siano chiaramente dubbiose. Ammettendo, come possibile, un aumento iniziale dei consumi di droghe una volta che le stesse siano state legalizzate, nel contempo ci sarebbero altri effetti benefici: controllo della qualita' delle sostanze, evitando cosi' i danni collegati al consumo di porcherie che oggi sono in vendita; calo dei prezzi, e questo ridurrebbe drasticamente la delinquenza legata al fenomeno droga; separare i consumatori da specifici ambienti particolarmente insalubri e pericolosi, per indirizzarli verso un mercato legale e controllato (...)
Gli effetti sul consumo che ci sarebbero in un cambio dell'approccio, si giustificherebbero da soli per il fatto di pensare seriamente e senza pregiudizi ad un processo di legalizzazione e controllo statale, con o senza imposte particolarmente elevate per la produzione, medicalizzando alcune sostanze, ma non tutte (dovrebbero essere poste in libera vendita agli adulti solo le droghe ricreazionali), con maggiore impegno nelle politiche di riduzione della domanda (educazione, prevenzione e riabilitazione) e con un risparmio spettacolare negli enormi sforzi economici che oggi vengono fatti con la repressione in cambio di risultati debilitanti. Insisto che la guerra alla droga e' fallita, ma non e' questa l'unica ragione per rifiutarla; ce n'e' un'altra: la sua ingiustizia, soprattutto per quei Paesi che trasformano i consumatori in delinquenti. Mi rifaccio alle tesi di Douglas Husak che, riferendosi agli Usa, evidenzia come l'uso del diritto penale contro chi usa droga e' ingiusto e rimarrebbe tale anche se fosse un misura che riducesse il consumo.
La sua accusa contro l'ingiustizia di incarcerare un consumatore e non contro l'inefficacia di un tale provvedimento, serve a ricordarci che stiamo vivendo il momento in cui si comminano piu' pene nella storia del suo Paese; con una spesa carceraria negli Stati maggiori che supera quella per l'insegnamento superiore; con un 28% della popolazione in galera per possesso o consumo di droghe, con due su tre condannati per la marijuana (...).
I maggiori problemi della droga, considerando che hanno origine nel fatto che il traffico e' proibito, spariscono o si minimizzano enormemente nell'ambito di un mercato legale. A partire dal crimine organizzato la cui attivita' prevalente e piu' lucrativa e' il traffico di droghe. La proibizione ha regalato il business ai narcos e la legalizzazione glielo allontanera' in larga misura (...).
Questo significa che la criminalita' organizzata sarebbe scomparsa? Naturalmente no. I delitti e l'organizzazione degli stessi continueranno ad esistere, e le mafie, come accade ora, continueranno esplorando altri settori di illegalita', ma la legalizzazione delle droghe li privera' del loro mercato piu' redditizio. E questo mercato e' lucrativo per almeno due motivi.
In primo luogo, siamo di fronte ad un domanda garantita per rigidita' e non elastica rispetto all'aumento dei prezzi delle dosi, il tossicodipendente la seguira' disposto a qualunque cosa pur di ottenere le dosi: rubare alla propria madre, assaltare un supermercato, prostituirsi o schiavizzarsi come avesse preso “una cotta per un cammello” (letterale: como machaca de un camello). Cio' che e' accaduto fino ad ora ha dimostrato che la minima elasticita' che puo' rappresentare la domanda di droghe non coinvolge il consumatore che, di fronte all'aumento del prezzo, non abbandona la droga o la sostituisce con altri prodotti legali, ma passa da una droga piu' cara ad una piu' economica e, sicuramente, piu' dannosa. Per esempio, se abbandona la cocaina, passa ad un veleno piu' economico come il crack. In definitiva, la dipendenza gioca a favore di chi commercia con la droga. (...)
In secondo luogo, c'e' da considerare i bassi costi per la produzione: la droga e' un bene economico se si compara con altri beni che vengono trattati dal crimine organizzato (automobili, armi, opere d'arte), ma il prezzo finale e' altissimo grazie all'illegalita'.
Le parole di Juan Carlos Hidalgo, famoso analista in materia di narcotraffico del Cato Institute, “il prezzo di una sostanza illegale si determina piu' per il costo della distribuzione che per quello della produzione... Per quanto riguarda la droga, il 90% o anche di piu' del prezzo base dello stupefacente deriva soprattutto dalla proibizione”. La conclusione e' evidente: la droga illegale offre un margine commerciale superlativo; e' un buon business e sta nelle mani del crimine organizzato.
Lo Stato ha tre possibilita': prima, relazionarsi con la produzione in regime di monopolio, controllando la qualita' e i prezzi; seconda, dare la produzione nelle mani dell'industria farmaceutica, a cui potrebbe imporre qualita' e prezzi; terza, regalare il business ai narcos senza alcun controllo. Le prime due possibilita' sono ammissibili, sensate, indipendentemente se si opta per l'una o per l'altra; la terza e', senza dubbio, la peggiore -con quei risultati che conosciamo per averla avuta durante un secolo-, ma e' quella che predomina e non e' la sola.
Dunque la legalizzazione farebbe miracoli e ci farebbe stare nell'ambito della legge: per cui non sarebbero richiesti strumenti eccezionali di indagine e persecuzione come quelli che oggi si applicano per combattere le droghe. Pensiamo alla Spagna, dove tali norme esistono soprattutto per il traffico di droghe e il terrorismo. La legge si libererebbe di molti aspetti di eccezionalita' e disproprozioni che oggi sono dominanti e sarebbe piu' limitato il permanente debordamento coi principi costituzionali. (...)
Tre sono le idee che dovrebbero essere evidenziate:
Prima: il proibizionismo e' fallito. Non solo non si e' raggiunta la chimera di porre fine alle droghe, ma ogni volta abbiamo sempre avuto piu' droghe e piu' consumatori: offerta e domanda sono in forte crescita, e la proibizione ha generato molti altri problemi non connessi al consumo di droga, problemi che sono figli della proibizione.
Seconda: deve cambiare il paradigma perche' continuare con il proibizionismo planetario e' una follia siderale.
Terza: negli ultimi anni, e particolarmente nel 2010 e 2011, si sono moltiplicate circostanze ed eventi che ci mettono al primo posto il fatto che la legalizzazione, come alternativa, e' l'unica alternativa.
La solución. Araceli Manjón-Cabeza. Editorial Debate. Prezzo: 18,90 euro.
(articolo pubblicato sul quotidiano EL Pais del 29/04/2012)
Prendere il business ai narcos
Contro la legalizzazione di tutte le droghe si dice che i benefici che ne deriverebbero levando il business al crimine organizzato, non sarebbero maggiori rispetto ai problemi che ne deriverebbero dall'aumento dei consumi. Credo che queste affermazioni oggi siano chiaramente dubbiose. Ammettendo, come possibile, un aumento iniziale dei consumi di droghe una volta che le stesse siano state legalizzate, nel contempo ci sarebbero altri effetti benefici: controllo della qualita' delle sostanze, evitando cosi' i danni collegati al consumo di porcherie che oggi sono in vendita; calo dei prezzi, e questo ridurrebbe drasticamente la delinquenza legata al fenomeno droga; separare i consumatori da specifici ambienti particolarmente insalubri e pericolosi, per indirizzarli verso un mercato legale e controllato (...)
Gli effetti sul consumo che ci sarebbero in un cambio dell'approccio, si giustificherebbero da soli per il fatto di pensare seriamente e senza pregiudizi ad un processo di legalizzazione e controllo statale, con o senza imposte particolarmente elevate per la produzione, medicalizzando alcune sostanze, ma non tutte (dovrebbero essere poste in libera vendita agli adulti solo le droghe ricreazionali), con maggiore impegno nelle politiche di riduzione della domanda (educazione, prevenzione e riabilitazione) e con un risparmio spettacolare negli enormi sforzi economici che oggi vengono fatti con la repressione in cambio di risultati debilitanti. Insisto che la guerra alla droga e' fallita, ma non e' questa l'unica ragione per rifiutarla; ce n'e' un'altra: la sua ingiustizia, soprattutto per quei Paesi che trasformano i consumatori in delinquenti. Mi rifaccio alle tesi di Douglas Husak che, riferendosi agli Usa, evidenzia come l'uso del diritto penale contro chi usa droga e' ingiusto e rimarrebbe tale anche se fosse un misura che riducesse il consumo.
La sua accusa contro l'ingiustizia di incarcerare un consumatore e non contro l'inefficacia di un tale provvedimento, serve a ricordarci che stiamo vivendo il momento in cui si comminano piu' pene nella storia del suo Paese; con una spesa carceraria negli Stati maggiori che supera quella per l'insegnamento superiore; con un 28% della popolazione in galera per possesso o consumo di droghe, con due su tre condannati per la marijuana (...).
I maggiori problemi della droga, considerando che hanno origine nel fatto che il traffico e' proibito, spariscono o si minimizzano enormemente nell'ambito di un mercato legale. A partire dal crimine organizzato la cui attivita' prevalente e piu' lucrativa e' il traffico di droghe. La proibizione ha regalato il business ai narcos e la legalizzazione glielo allontanera' in larga misura (...).
Questo significa che la criminalita' organizzata sarebbe scomparsa? Naturalmente no. I delitti e l'organizzazione degli stessi continueranno ad esistere, e le mafie, come accade ora, continueranno esplorando altri settori di illegalita', ma la legalizzazione delle droghe li privera' del loro mercato piu' redditizio. E questo mercato e' lucrativo per almeno due motivi.
In primo luogo, siamo di fronte ad un domanda garantita per rigidita' e non elastica rispetto all'aumento dei prezzi delle dosi, il tossicodipendente la seguira' disposto a qualunque cosa pur di ottenere le dosi: rubare alla propria madre, assaltare un supermercato, prostituirsi o schiavizzarsi come avesse preso “una cotta per un cammello” (letterale: como machaca de un camello). Cio' che e' accaduto fino ad ora ha dimostrato che la minima elasticita' che puo' rappresentare la domanda di droghe non coinvolge il consumatore che, di fronte all'aumento del prezzo, non abbandona la droga o la sostituisce con altri prodotti legali, ma passa da una droga piu' cara ad una piu' economica e, sicuramente, piu' dannosa. Per esempio, se abbandona la cocaina, passa ad un veleno piu' economico come il crack. In definitiva, la dipendenza gioca a favore di chi commercia con la droga. (...)
In secondo luogo, c'e' da considerare i bassi costi per la produzione: la droga e' un bene economico se si compara con altri beni che vengono trattati dal crimine organizzato (automobili, armi, opere d'arte), ma il prezzo finale e' altissimo grazie all'illegalita'.
Le parole di Juan Carlos Hidalgo, famoso analista in materia di narcotraffico del Cato Institute, “il prezzo di una sostanza illegale si determina piu' per il costo della distribuzione che per quello della produzione... Per quanto riguarda la droga, il 90% o anche di piu' del prezzo base dello stupefacente deriva soprattutto dalla proibizione”. La conclusione e' evidente: la droga illegale offre un margine commerciale superlativo; e' un buon business e sta nelle mani del crimine organizzato.
Lo Stato ha tre possibilita': prima, relazionarsi con la produzione in regime di monopolio, controllando la qualita' e i prezzi; seconda, dare la produzione nelle mani dell'industria farmaceutica, a cui potrebbe imporre qualita' e prezzi; terza, regalare il business ai narcos senza alcun controllo. Le prime due possibilita' sono ammissibili, sensate, indipendentemente se si opta per l'una o per l'altra; la terza e', senza dubbio, la peggiore -con quei risultati che conosciamo per averla avuta durante un secolo-, ma e' quella che predomina e non e' la sola.
Dunque la legalizzazione farebbe miracoli e ci farebbe stare nell'ambito della legge: per cui non sarebbero richiesti strumenti eccezionali di indagine e persecuzione come quelli che oggi si applicano per combattere le droghe. Pensiamo alla Spagna, dove tali norme esistono soprattutto per il traffico di droghe e il terrorismo. La legge si libererebbe di molti aspetti di eccezionalita' e disproprozioni che oggi sono dominanti e sarebbe piu' limitato il permanente debordamento coi principi costituzionali. (...)
Tre sono le idee che dovrebbero essere evidenziate:
Prima: il proibizionismo e' fallito. Non solo non si e' raggiunta la chimera di porre fine alle droghe, ma ogni volta abbiamo sempre avuto piu' droghe e piu' consumatori: offerta e domanda sono in forte crescita, e la proibizione ha generato molti altri problemi non connessi al consumo di droga, problemi che sono figli della proibizione.
Seconda: deve cambiare il paradigma perche' continuare con il proibizionismo planetario e' una follia siderale.
Terza: negli ultimi anni, e particolarmente nel 2010 e 2011, si sono moltiplicate circostanze ed eventi che ci mettono al primo posto il fatto che la legalizzazione, come alternativa, e' l'unica alternativa.
La solución. Araceli Manjón-Cabeza. Editorial Debate. Prezzo: 18,90 euro.
(articolo pubblicato sul quotidiano EL Pais del 29/04/2012)
Prendere il business ai narcos
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